"Non siamo figli controfigure", il saggio della giovanissima autrice, giornalista, pubblicitaria Benedetta Cosmi.
Il saggio di Benedetta Cosmi mostra un'accurata analisi dei giovani costretti a scontrarsi con una società che li mette in secondo piano. Una testimonianza, un dibattito, un grido generazionale per una riscossa culturale e sociale.
Il saggio di Benedetta Cosmi mostra un'accurata analisi dei giovani costretti a scontrarsi con una società che li mette in secondo piano. Una testimonianza, un dibattito, un grido generazionale per una riscossa culturale e sociale.
Nell'agosto 2007, Maria Paola Orlandini legge su Raiuno la mia lettera pubblicata qualche settimana prima su "Repubblica"… Da quelle conclusioni nasce un capitolo del libro: "Abbandonarsi agli studi"
Sento l'urgenza di dare un contributo nero su bianco per comprendere i miei anni, mentre una importante generazione compie quaranta anni di "ardori giovanili" e a noi non rimarrebbe che fare i figli contro… figure.
Gioco anche sull'idea di una gioventù inattesa, e potrebbe essere quella che, se da una parte rischia di mancare all'appuntamento di una pensione alta, certamente dall'altra non si accontenta di dovere emigrare in Europa appena scatta la laurea (perché per cinque anni ancora l'Italia ne farà volentieri a meno nella politica, nell'economia, nei concorsi universitari); ma assume su di sé le responsabilità di un motore da accendere.
Infine: i figli di papà Beat, con nuove Mode, stili e pratiche relazionali. Quelli che non hanno né moglie, né macchina, né un mestiere, però frequentano msn, si muovono in metro, fanno i master. Il parallelismo è carino, devo dire che mi è riuscito bene, tuttavia lo respingo; i figli delle riforme non vanno "calcolati" solo per "differenza".
Analizzo cosa hanno significato i decreti ministeriali per la vita universitaria portando dietro lo strascico di quelle scolastiche, che spesso sembrano cucite su misura per (in)vestire sempre lo stesso target. Tento una comparazione europea. Bisognerebbe, ogni anno, dichiarare quanti mancano all'appello!
Sento l'urgenza di dare un contributo nero su bianco per comprendere i miei anni, mentre una importante generazione compie quaranta anni di "ardori giovanili" e a noi non rimarrebbe che fare i figli contro… figure.
Gioco anche sull'idea di una gioventù inattesa, e potrebbe essere quella che, se da una parte rischia di mancare all'appuntamento di una pensione alta, certamente dall'altra non si accontenta di dovere emigrare in Europa appena scatta la laurea (perché per cinque anni ancora l'Italia ne farà volentieri a meno nella politica, nell'economia, nei concorsi universitari); ma assume su di sé le responsabilità di un motore da accendere.
Infine: i figli di papà Beat, con nuove Mode, stili e pratiche relazionali. Quelli che non hanno né moglie, né macchina, né un mestiere, però frequentano msn, si muovono in metro, fanno i master. Il parallelismo è carino, devo dire che mi è riuscito bene, tuttavia lo respingo; i figli delle riforme non vanno "calcolati" solo per "differenza".
Analizzo cosa hanno significato i decreti ministeriali per la vita universitaria portando dietro lo strascico di quelle scolastiche, che spesso sembrano cucite su misura per (in)vestire sempre lo stesso target. Tento una comparazione europea. Bisognerebbe, ogni anno, dichiarare quanti mancano all'appello!
Benedetta Cosmi
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