Vivo da alcuni anni stabilmente al Nord, e precisamente nella bassa bresciana, dove ho provato a dare il la per realizzare i miei desideri e le aspirazioni, perchè al tempo in cui vivevo in Sicilia le condizioni per raggiungerli erano mancate.
Di fatto conduco una vita normale qui al Nord; in Sicilia svolgevo la professione di psicologo scolastico, precario, e vista la condizione lavorativa, mi era impossibile accedere agli studi post lauream di specializzazione in psicoterapia, dove per potervi accedere, di fatto è necessario, o possedere un portafoglio a fisarmonica, o essere figli di papà.
La necessità di aprirmi al mondo e al cambiamento è scaturita dell'evidenza che la Sicilia è una terra limitante. Faccio parte di quel gruppo di persone, che ha capito, che la propria strada bisogna costruirsela, con le proprie mani, e lontano dalla Sicilia, perché qui da queste parti in Sicilia, è difficile, se non impossibile, riuscire a costruirsi un'esistenza normale. Infatti in Sicilia e in particolare a Palermo, non c'è niente che funziona, e l'unica cosa che rimane, e va forte è il calcio.
L'attaccamento alla mia terra rimane molto forte e tutti i giorni, grazie ad internet, seguo le notizie della mia città palermitana. Tra le tante notizie che stimolano la mia attenzione, ho saputo dell'ultima emergenza dei precari.
La gente siciliana vive nell'illusione che lo Stato prima o poi interviene, e con la bacchetta magica, e si mette a dare uno stipendio, a ciascuno dei suoi abitanti. Io questa credenza, l'ho considerata molto presto falsa, e ho preferito provare a risolvere il problema, uscendo dalla situazione assurda, di perseverare di volere vivere in Sicilia.
Tra i tanti aspetti che in Sicilia non quadrano, c'è ad esempio, il problema di molti giovani, che nel tentativo di sottrarsi, alle sabbie mobili della disoccupazione, essendo privi di distrazioni lavorative, decidono di conseguire una laurea, con il nobile fine di volere imparare una professione, al conseguimento del titolo.
Ma molto presto il neodottore, deve prendere consapevolezza, che le lauree, non si rivelano titoli professionalizzanti, per cui se dopo la laurea, non si accede agli studi post lauream, o anche a dei lunghi tirocini non retribuiti, al fine di potere acquisire un'autonomia professionale nel settore, esercitare una professione può diventare anche impossibile.
Tutto ciò lo vediamo con l'alto tasso di disoccupazione, tra i neo dottori.
Di fatto conduco una vita normale qui al Nord; in Sicilia svolgevo la professione di psicologo scolastico, precario, e vista la condizione lavorativa, mi era impossibile accedere agli studi post lauream di specializzazione in psicoterapia, dove per potervi accedere, di fatto è necessario, o possedere un portafoglio a fisarmonica, o essere figli di papà.
La necessità di aprirmi al mondo e al cambiamento è scaturita dell'evidenza che la Sicilia è una terra limitante. Faccio parte di quel gruppo di persone, che ha capito, che la propria strada bisogna costruirsela, con le proprie mani, e lontano dalla Sicilia, perché qui da queste parti in Sicilia, è difficile, se non impossibile, riuscire a costruirsi un'esistenza normale. Infatti in Sicilia e in particolare a Palermo, non c'è niente che funziona, e l'unica cosa che rimane, e va forte è il calcio.
L'attaccamento alla mia terra rimane molto forte e tutti i giorni, grazie ad internet, seguo le notizie della mia città palermitana. Tra le tante notizie che stimolano la mia attenzione, ho saputo dell'ultima emergenza dei precari.
La gente siciliana vive nell'illusione che lo Stato prima o poi interviene, e con la bacchetta magica, e si mette a dare uno stipendio, a ciascuno dei suoi abitanti. Io questa credenza, l'ho considerata molto presto falsa, e ho preferito provare a risolvere il problema, uscendo dalla situazione assurda, di perseverare di volere vivere in Sicilia.
Tra i tanti aspetti che in Sicilia non quadrano, c'è ad esempio, il problema di molti giovani, che nel tentativo di sottrarsi, alle sabbie mobili della disoccupazione, essendo privi di distrazioni lavorative, decidono di conseguire una laurea, con il nobile fine di volere imparare una professione, al conseguimento del titolo.
Ma molto presto il neodottore, deve prendere consapevolezza, che le lauree, non si rivelano titoli professionalizzanti, per cui se dopo la laurea, non si accede agli studi post lauream, o anche a dei lunghi tirocini non retribuiti, al fine di potere acquisire un'autonomia professionale nel settore, esercitare una professione può diventare anche impossibile.
Tutto ciò lo vediamo con l'alto tasso di disoccupazione, tra i neo dottori.
Antonio Castronovo, Manerbio (Brescia)
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