Intervista ai familiari della ragazza uccisa a Garlasco: "Per noi Alberto rimane l'assassino, può scordarsi un riavvicinamento. C'è un tempo per parlare e uno per tacere".
Rita e Giuseppe Poggi: "È arrivato il momento di farci sentire un pochino, ecco... Adesso basta. Tanto per cominciare va detto che per noi Alberto era e resta il colpevole dell’omicidio di Chiara. È dura pensare che possa essere un assassino il ragazzo che hai accolto in casa tua come un figlio. Lacerante ripensare a quanto ci sentivamo sicuri sapendo che nostra figlia, la sua amatissima Chiara, sarebbe stata più protetta dal mondo se fosse rimasta accanto a quel ragazzo mentre noi eravamo in vacanza".
Tornarono di corsa, il pomeriggio di quel 13 agosto 2007. Chiara, 26 anni, era stata massacrata a colpi in testa. Alberto Stasi, il suo fidanzato, due anni meno di lei, l'aveva trovata sulle scale della cantina di casa Poggi.
"Quindi, sia chiaro che per noi la sentenza di assoluzione e le motivazioni non hanno cambiato nulla. Noi non abbiamo assolto Alberto anche se c'è chi tenta di far passare un messaggio diverso. All'inizio abbiamo detto 'per noi non è stato lui, è innocente'. È vero che abbiamo detto quelle parole, ma era il 14 agosto del 2007. Ci avevano appena ammazzato una figlia, quel giorno non sapevamo nemmeno più da che parte voltarci. Comunque non vorremmo che si creassero equivoci. Lo diciamo una volta per tutte: su Alberto noi non la pensiamo più così da tempo. È stato un percorso travagliato, difficilissimo, graduale. Fra quelle parole e oggi c'è un abisso e noi ora siamo convinti del contrario".
"Alberto ha detto in tv, a Matrix: 'adesso che le cose si sono chiarite'. Non è così, sbagliato. Non si è chiarito niente. Del resto chiunque può intuire che se non fossimo convinti di questo non faremmo appello. Non ci sarà nessun riavvicinamento con Alberto, lo escludiamo nel modo più assoluto. Perciò, per favore, meglio dimenticare questa strada e non cercarci più. E poi non è vero, come dice lui, che noi abbiamo chiesto ad amici comuni come stava. Mai fatto".
"Finora non abbiamo mai incontrato Alberto Stasi per strada, non è successo, ma se capitasse cambieremmo strada e lo faremmo pure con i suoi genitori anche se capiamo che loro non hanno nessuna colpa se le cose sono andate così".
"Ogni volta che c'è qualcosa che ha a che fare con questa storia noi finiamo sotto i riflettori ed è come rivivere tutto daccapo. È un tormento. Sarebbe bello tornare all'anonimato, riprendere davvero, per quel che si può, la vita di prima. E con Alberto, in appello, al nostro fianco nemmeno una parola o una stretta di mano. Le due cose non possono stare assieme, è evidente. Non si può ricorrere in appello e nel frattempo stringere la mano al ragazzo accusato di aver ucciso tua figlia".
"Ad Alberto a Matrix ad un certo punto gli è stato chiesto quale fosse stato per lui il momento peggiore. Mi sarei aspettato che parlasse di quando ha trovato sulle scale la mia ragazza, e invece ha parlato si sé. Ha detto che il momento peggiore è stato quando l'hanno portato in carcere. Lui è qui a raccontarci quel momento. Chiara non c'è più".
"Comunque, anche il giudice non dev'essere convinto dell'innocenza di Alberto altrimenti non lo avrebbe assolto con la formula dubitativa. Abbiamo imparato che un processo è un po' una guerra: gli uni contro gli altri. Proprio noi che non abbiamo mai speso parole dure per nessuno, Alberto compreso... È il tempo di parlare, appunto. È il momento di farsi sentire un pochino. Perché dall’altra parte non pensino che la sentenza di primo grado basti a cancellare due anni e otto mesi di sofferenza. Non ci fermeremo mai. La giustizia prima o poi arriverà".
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