Giovani ammassati ed in fila, come per pagare una bolletta, uniti tutti da un comune denominatore: disperati alla ricerca di lavoro.
Certo, qualcuno potrebbe anche vederla come "giovani intraprendeti e dinamici, ormai flessibili e globalizzati, pronti a darsi leale battaglia a colpi di sorrisi (di plastica) .
Quello che voglio criticare non è certo la lodevole iniziativa del permettere a giovani, neolaureati e non, di potersi mettere in contatto con le aziende quanto invece la penosa situazione che vive il nostro Paese dove appare chiaro il concetto che trovare lavoro è come fare un provino per il Grande Fratello o sperare nella fortuna giocando al Superenalotto.
Prima di continuare con le critiche mi sembra giusto illustrare i fatti che mi hanno portato a questa riflessione. Questo è quello che penso dopo essere stato alla "giornata del lavoro" di Roma. Faccio presente che la giornata si teneva in un auditorium con tre sale di cui una dedicata alle conferenze e le restanti ai colloqui. Arrivo nel luogo stabilito in orario dove si verifica la prima sorpresa. Il numero dei partecipanti deve aver superato di gran lunga le aspettative degli organizzatori (strano vero?) e si decide quindi di far entrare la folla a scaglioni, un po' come succede negli stadi.
Dopo una breve attesa di una trentina di minuti scatta finalmente il grande momento. Sono così selezionato per poter entrare. Ricevo un simpatico gadget omaggio, un modulo di gradimento da compilare all'uscita e delle cortesi indicazioni sul dove dirigermi. Tutto speranzoso mi accingo ad entrare nell'auditorium quando mi accorgo di dover prepararmi per un'altra fila. Passano circa altri venti minuti e finalmente si può varcare la soglia.
Ovviamente il fatto di essere arrivato puntuale ha fatto si che me la sia cavata, almeno fin qui, con solo un'ora di coda. Mentre attraversavo l'ingresso però mi giravo a vedere come si fosse accumulata gente su gente che, probabilmente, non sarà stata fortunata come me. A questo punto mi aspetto di dover prendere appuntamento presso le varie aziende per poter sostenere il colloquio. Invece ricevo un'ulteriore sorpresa. Toccherà infatti fare altra fila, a seconda dell'azienda, per poter finalmente sedersi a tu per tu con chi deciderà del nostro futuro.
Ovviamente i colloqui vengono fatti, visto il numero elevatissimo di persone, in meno di cinque minuti per cui il tutto si limita ad un veloce rilascio del nostro pezzo di carta accompagnato da qualche parola. Le considerazioni da fare sono molte per cui mi sembra giusto esporne qualcuna.
I tempi devono essere proprio cambiati e penso che una persona che superi i cinquant'anni non possa capire bene cosa è successo.
Risalendo fino all'inizio dei preistorici anni novanta (e non oso andare più indietro nello spazio-tempo) una laurea era sinonimo di buona possibilità di occupazione. Da lì in poi sono diventati tutti laureati. Per cui si è cominciato a distinguere fortemente tra lauree capaci di creare occupazione ed altre meno adatte ad avere un immediato inserimento del mondo del lavoro. Non serve certo un manuale di statistica per sapere che facoltà come ingegneria, economia e statistica presentano un tasso di occupazione, nel successivo anno dal conseguimento del titolo, decisamente maggiore rispetto a quelle umanistiche.
Si sa che nel Bel Paese, la patria di Dante, è spesso definito ignorante chi non conosce l'autore del 5 Maggio ma può essere invece ritenuto acculturato anche chi magari ignora quale sia la "Seconda Legge della Dinamica". Ma questo è un'altro discorso per cui andiamo oltre.
Negli ultimi anni, sfogliando i dati occupazionali dei master si nota una punto di rottura. Mentre fino a quattro o cinque anni fa il Master pagato con borsa di studio dall'azienda era sinonimo di assunzione sicura a tempo indeterminato adesso, in parecchi casi, è diventato sinonimo di assunzione quasi sicura a progetto. Tra qualche anno non oso immaginare cosa accadrà.
Ovviamente da persona avveduta e fortunatamente appassionata al mondo della tecnologia decisi di iscrivermi alla facoltà di Ingegneria Aerospaziale. Ottenuta prima la laurea triennale e poi quella specialistica col massimo dei voti, arricchita da un progetto di partecipazione in ambito ESA, mi ritrovai a 27 anni appena compiuti pronto ad affrontare il mondo del lavoro. Correva settembre 2008 e la crisi era ancora lontana qualche mese dal colpire con i suoi denti la nostra fragile economia. Fallimenti socetari e "scelte" mi portarono a ritrovarmi nel maggio del 2009 nella mia attuale posizione, ovvero in quella di un disperato in cerca di lavoro. Nel frattempo mi sono ingegnato come potevo per racimolare qualche soldo e per non sentirmi un "bamboccione". La rabbia accumulata in questi ultimi mesi è però grande.
Le considerazioni da fare sarebbero tante altre ma meglio tacere. Pongo i miei cordiali saluti .
Certo, qualcuno potrebbe anche vederla come "giovani intraprendeti e dinamici, ormai flessibili e globalizzati, pronti a darsi leale battaglia a colpi di sorrisi (di plastica) .
Quello che voglio criticare non è certo la lodevole iniziativa del permettere a giovani, neolaureati e non, di potersi mettere in contatto con le aziende quanto invece la penosa situazione che vive il nostro Paese dove appare chiaro il concetto che trovare lavoro è come fare un provino per il Grande Fratello o sperare nella fortuna giocando al Superenalotto.
Prima di continuare con le critiche mi sembra giusto illustrare i fatti che mi hanno portato a questa riflessione. Questo è quello che penso dopo essere stato alla "giornata del lavoro" di Roma. Faccio presente che la giornata si teneva in un auditorium con tre sale di cui una dedicata alle conferenze e le restanti ai colloqui. Arrivo nel luogo stabilito in orario dove si verifica la prima sorpresa. Il numero dei partecipanti deve aver superato di gran lunga le aspettative degli organizzatori (strano vero?) e si decide quindi di far entrare la folla a scaglioni, un po' come succede negli stadi.
Dopo una breve attesa di una trentina di minuti scatta finalmente il grande momento. Sono così selezionato per poter entrare. Ricevo un simpatico gadget omaggio, un modulo di gradimento da compilare all'uscita e delle cortesi indicazioni sul dove dirigermi. Tutto speranzoso mi accingo ad entrare nell'auditorium quando mi accorgo di dover prepararmi per un'altra fila. Passano circa altri venti minuti e finalmente si può varcare la soglia.
Ovviamente il fatto di essere arrivato puntuale ha fatto si che me la sia cavata, almeno fin qui, con solo un'ora di coda. Mentre attraversavo l'ingresso però mi giravo a vedere come si fosse accumulata gente su gente che, probabilmente, non sarà stata fortunata come me. A questo punto mi aspetto di dover prendere appuntamento presso le varie aziende per poter sostenere il colloquio. Invece ricevo un'ulteriore sorpresa. Toccherà infatti fare altra fila, a seconda dell'azienda, per poter finalmente sedersi a tu per tu con chi deciderà del nostro futuro.
Ovviamente i colloqui vengono fatti, visto il numero elevatissimo di persone, in meno di cinque minuti per cui il tutto si limita ad un veloce rilascio del nostro pezzo di carta accompagnato da qualche parola. Le considerazioni da fare sono molte per cui mi sembra giusto esporne qualcuna.
I tempi devono essere proprio cambiati e penso che una persona che superi i cinquant'anni non possa capire bene cosa è successo.
Risalendo fino all'inizio dei preistorici anni novanta (e non oso andare più indietro nello spazio-tempo) una laurea era sinonimo di buona possibilità di occupazione. Da lì in poi sono diventati tutti laureati. Per cui si è cominciato a distinguere fortemente tra lauree capaci di creare occupazione ed altre meno adatte ad avere un immediato inserimento del mondo del lavoro. Non serve certo un manuale di statistica per sapere che facoltà come ingegneria, economia e statistica presentano un tasso di occupazione, nel successivo anno dal conseguimento del titolo, decisamente maggiore rispetto a quelle umanistiche.
Si sa che nel Bel Paese, la patria di Dante, è spesso definito ignorante chi non conosce l'autore del 5 Maggio ma può essere invece ritenuto acculturato anche chi magari ignora quale sia la "Seconda Legge della Dinamica". Ma questo è un'altro discorso per cui andiamo oltre.
Negli ultimi anni, sfogliando i dati occupazionali dei master si nota una punto di rottura. Mentre fino a quattro o cinque anni fa il Master pagato con borsa di studio dall'azienda era sinonimo di assunzione sicura a tempo indeterminato adesso, in parecchi casi, è diventato sinonimo di assunzione quasi sicura a progetto. Tra qualche anno non oso immaginare cosa accadrà.
Ovviamente da persona avveduta e fortunatamente appassionata al mondo della tecnologia decisi di iscrivermi alla facoltà di Ingegneria Aerospaziale. Ottenuta prima la laurea triennale e poi quella specialistica col massimo dei voti, arricchita da un progetto di partecipazione in ambito ESA, mi ritrovai a 27 anni appena compiuti pronto ad affrontare il mondo del lavoro. Correva settembre 2008 e la crisi era ancora lontana qualche mese dal colpire con i suoi denti la nostra fragile economia. Fallimenti socetari e "scelte" mi portarono a ritrovarmi nel maggio del 2009 nella mia attuale posizione, ovvero in quella di un disperato in cerca di lavoro. Nel frattempo mi sono ingegnato come potevo per racimolare qualche soldo e per non sentirmi un "bamboccione". La rabbia accumulata in questi ultimi mesi è però grande.
Le considerazioni da fare sarebbero tante altre ma meglio tacere. Pongo i miei cordiali saluti .
di Valerio Casali
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