martedì 25 agosto 2009

Parentopoli: come "lavorare" in Sicilia


Non sei parente di un politico? Mi dispiace per te!

La Sicilia è una regione di stupidi? Forse sono i politici che fanno gli stupidi, cercando di ritenere stupido chi stupido non è.

Parentopoli si allarga a macchia d'olio, sempre che a qualcuno non venga in mente di bloccare tutto, continuando l'orgia di parenti che riempiono le cariche, tagliando realmente chi merita. Se hai una Fiat Punto non potrai avere mai "cariche", se hai invece una Maserati sei un eccezionale figo da assicurarsi cariche, anche se poi non comprendi un cazzo.

L'opposizione se ne sta sempre e solo a guardare e a lamentarsi timidamente. Mentre i Lupin che comandano mangiano sempre tutto, camuffandosi da santi. Vestiti continuamente in giacca e cravatta. E ti fanno credere "politicamente corretto". Loro, i benpensanti.

Circa il 70 percento dei siciliani ha trovato il posto grazie a parenti, conoscenti o "potenti". Al diavolo le agenzie interinali, gli uffici di collocamento. Qui ciò che conta è la raccomandazione, felicemente obbligati a bussare alla porta dell'Ufficio spinte e bustarelle.

Corruzione e clientelismo vanno a braccetto, visto che spesso è necessario "pagare" il potente di turno per poter accedere ad un impiego pubblico. Trovare lavoro è difficilissimo perché devi essere segnalato, conosciuto, sponsorizzato, figuriamoci fare carriera. Chi ha una rete di rapporti sociali proficui va avanti, chi no resta indietro anche se ha maggiori capacità e doti.

I cervelli non riescono a emergere in un Paese come il nostro, quindi chi può emigra in Paesi in cui la meritocrazia è un termine conosciuto e non umiliato. Da noi, non solo non si abbandonano i familiari più stretti, ma si sistemano interi stirpi. E a nutrire tali sentimenti di casa non sono solo i politici, mettendo tutto in conto alla nostra collettività, ma intere categorie professionali: professori universitari, medici, notai e via dicendo.

Se un parente, o un amico, si trova in difficoltà e lo si soccorre di tasca propria, si fa cosa giusta. Ma se si interpreta la propria posizione di potere (pubblico o privato) quale strumento per sistemare tutti, allora si fa cosa sbagliata e si fa regredire tutti al medioevo.

Gli americani si interrogano su che tipo di persone eleggere ad ogni elezione, noi faremmo bene a chiederci quanto caspita ci costa un modello/sistema in cui tutti sperano di approfittare, salvo parlare male di quelli che ci sono riusciti. Gli americani possono chiedersi fino a che punto è doveroso aiutare anche un fratello, noi già "manteniamo" i cugini, umiliando il merito, impoverendoci tutti.

La Sicilia, un Paese di raccomandati.

2 commenti:

  1. Perchè pensi sia venuta a vivere nella terribile Milano, cercando di far tacere la forte nostalgia che ho di casa?
    Avevo tante idee per la mia Marsala e la mia terra, ma professionisti più grandi e credo più esperti di me, mi dicevano: con la tua testa (di chi non chiede raccomandazioni o favori) non lavorerai mai!
    Quindi sono partita.
    Ho uno stipendio da funzionario regionale(non navigo nell'oro altrimenti la casa me la sarei già comprata e senza troppi pensieri) grazie ad un concorso pubblico, vinto grazie a sacrifici e studio SOLTANTO. Sono orgogliosa di me stessa, lo sarei ancor di più se la meritocrazia mi avesse premiata in Sicilia.
    Se qualcuno mi dice: dovevi restare e batterti per cambiare le cose, rispondo: ho 35 anni quasi e lavoro, forse riuscirò a farmi una famiglia e a comprare una casetta, se fossi rimasta giù, forse lavorerei, ma a battermi da sola proprio non ce la facevo più. Sono bastati l'università, il sentirmi dire "non posso pagarti" da persone che guadagnavano una barca di soldi o il vedere sfumare centinaia di migliaia di euro di fondi europei per formare professionisti per dei posti di lavoro che non sono mai più stati creati a scoraggiarmi.
    Sono fuggita, lo so non è bello.

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  2. Leggere una risposta del genere non è di certo un "incoraggiamento" visto e considerato che sono un laureato precario. Conosco questa dura realtà e mi fa ancora più male saper che anch'io dovrò lasciare la mia terra per un'impiego al nord.

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