martedì 29 settembre 2009

"Baarìa" è il film italiano candidato agli Oscar

E' ufficiale! Baarìa concorrerà alla statuetta per il miglior film straniero 2010.

Sarà "Baarìa" di Giuseppe Tornatore il candidato italiano all'Oscar per il miglior film straniero.

"Baarìa" ha prevalso su altri quattro film candidati dalle società di produzione: "Fortapasc" di Marco Risi, "Il Grande Sogno" di Michele Placido, "Si può fare" di Giulio Manfredonia e "Vincere" di Marco Bellocchio.

Dovrà, però, adesso superare altre due selezioni per ottenere la nomination. La nomina dei cinque film che si contenderanno la statuetta sarà effettuata il 2 febbraio 2010, mentre la cerimonia di consegna degli 82esimi Premi Oscar si svolgerà il 7 marzo.

"Baaria" (costato 25 milioni di euro, nove mesi di preparazione e 25 settimane di riprese) racconta la storia di tre generazioni di una famiglia di Bagheria. La pellicola vanta un cast di eccezione ma ha due esordienti come protagonisti: Francesco Scianna e Margareth Madè. La colonna sonora è opera del premio Oscar Ennio Morricone. Tornatore è già autore di "Nuovo cinema Paradiso", pellicola che ha avuto successo in tutto il mondo, aggiudicandosi il gran premio della giuria al Festival di Cannes e il premio Oscar come "miglior film straniero" nel 1988.

Il film ha ottenuto il miglior incasso del weekend cinematografico con 2.105.181 euro. Un buon risultato per il film distribuito in 510 sale, considerato che ha contro qualche polemica, che non è certo un film "leggero" e soprattutto che è molto lungo (circa due ore e mezzo).

Il dialetto nei reality show. Minkia!

Nella foto i siciliani "Tinturia"

La Lega Nord non intende arretrare sulla lotta per l'affermazione dei dialetti, definite impropriamente "lingue municipali", in tv: dopo le critiche estive alla fiction "troppo romanesca" e la rivendiacazione del corretto uso dei dialetti anche nella narrativa tv, ora si passa ad altri generi dei palinsesti italiani, prima tra tutti i reality show e i talent show.

"Sarebbe bello se nelle loro trasmissioni venisse usato il dialetto, o comunque non venisse ostracizzato, dai presentatori e dagli stessi autori della tv", ha detto Zaia.

L'occasione è stata "gradita" anche per rivendicare la dialettizzazione di Raitre e dei Tg regionali, che secondo Zaia dovrebbero essere realizzati in dialetto, come accade dal 12 settembre ogni sabato su Telepadania.

Al di là del fatto che l'Italia ha una propria lingua comune, che per fare determinate professioni sarebbe necessario conoscere la dizione, la questione del dialetto come lingua "rappresentativa" mi sembra una vera forzatura, una semplice mossa propagandistica priva di ogni fondamento.

Per dirla in dialetto "una vera minkiata".

Fermo restando che stabilire i "confini" di un dialetto è praticamente impossibile (ogni quartiere, quasi, rivendica un proprio dialetto), fermo restando che non tutti i dialetti hanno status e dignità di "lingua", andando avanti così si rischia di cadere nel ridicolo: ci è già bastato l'europarlamentare che ha preteso di fare il proprio intervento in napoletano, mandando in tilt gli interpreti e i traduttori.

E poi in virtù di questi "adattamenti linguistici" si stanno spendendo milioni di euro, come ben racconta il Corriere della Sera: promuovere la conoscenza della lingua italiana ci sembra una missione più utile.

lunedì 28 settembre 2009

Fototessera del ministro Brunetta


Nominato Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione nel quarto governo Berlusconi nel 2008.

In questo ruolo si mette in evidenza per aver detto di voler maggior trasparenza nell'amministrazione pubblica e per la sua azione contro i cosiddetti "fannulloni".

Il 19 settembre 2009, al convegno del Pdl, afferma che "Ci sono élite irresponsabili che stanno preparando un vero e proprio colpo di Stato" e mette in contrapposizione "i compagni della sinistra per bene" e quella che definisce "la sinistra per male" alla quale augura "vada a morire ammazzata".

Successivamente dichiara di non pentirsi di quanto affermato pubblicamente.

Sesso sfrenato per 48 ore per fine Ramadan

Fine del Ramadan: 48 ore di sesso sfrenato per festeggiare

Bangladesh. Per festeggiare la fine del Ramadan si erano organizzati di tutto punto 20 musulmani del Bangladesh in vacanza in Malesia.

Avevano organizzato un party a base di sesso che sarebbe dovuto durare per ben 48 ore. L'imprevisto, però, era dietro l'angolo.

I venti uomini hanno "assunto" tre prostitute per soddisfarli, peccato che non avessero pensato ai vicini di casa. Sono stati proprio loro, preoccupati per gli insoliti rumori provenienti dalla casa accanto, ad avvertire gli agenti.

Dopo aver tenuto sotto osservazione la casa, i poliziotti hanno fatto irruzione. La scena "del delitto" parlava da sola: un tappeto di preservativi usati sul pavimento, in ogni stanza corpi aggrovigliati.

Per i partecipanti sono scattate le manette, a quanto pare il sesso fra persone non sposate è considerato reato, e i venti hanno seguito i poliziotti in carcere.

Presidente Akragas: "vittoria per il boss"

L'Akragas vince, presidente dedica la vittoria al boss.

La squadra di Agrigento milita nel campionato di Eccellenza siciliana: dopo la vittoria in campionato Gioacchino Sferrazza ricorda l'amico Nicola Ribisi, rampollo di una famiglia mafiosa, arrestato dieci giorni fa.

Il presidente dell'Akragas vuole dedicare la vittoria della sua squadra a un boss mafioso appena arrestato e alle rimostranze dei giornalisti impone il silenzio stampa a tutta la squadra.

Lui è Gioacchino Sferrazza, 45 anni, titolare di una catena di negozi che vende giocattoli e articoli natalizi, che è finito nell'occhio del ciclone dopo la sua dedica "all'amico fraterno Nicola Ribisi".

Il problema è che Nicola Ribisi, 29 anni, è il rampollo di una famiglia di lunga tradizione mafiosa (un suo zio è stato coinvolto nell'omicidio del giudice Livatino) e pochi giorni fa è stato arrestato per associazione mafiosa perché secondo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo voleva ricostituire, con l'imprimatur di Bernardo Provenzano (vi sono diversi pizzini che spiegano le fasi), la famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro.

"Ho dedicato la vittoria all'amico Nicola, non al boss mafioso io non entro nel merito se sia colpevole o innocente: fino a quando non ci si sarà una condanna Nicola per me resta un amico che fino a dieci giorni fa era con noi sempre allo stadio".

Gioacchino Sferrazza ha infine ricordato il "legame con la squadra dell'amico Nicola" sottolineando che la dedica "mi è stata chiesta da tutta la società, giocatori e tecnici".

Le reazioni in città sono naturalmente indignate. Il procuratore della Repubblica di Agrigento, Renato Di Natale, ha spiegato che attende la relazione della Polizia per "valutare se aprire o meno un fascicolo".

Il questore di Agrigento, Girolamo Di Fazio non ha invece nascosto la sua indignazione: "E' un caso gravissimo. Ci dispiace anche perché è un messaggio che giunge da un mondo come quello dello sport seguitissimo dai giovani e che tende a dare valore a chi invece valore non ha".

Anche il sindaco Marco Zambuto interviene nella vicenda: "Da parte mia e di tutta la città di Agrigento c'è assoluto sconcerto per le parole del presidente dell'Akragas che non condividiamo e che disprezziamo. I nostri riferimenti sono i giudici Livatino e Saetta, non certo quelli di cui ha parlato Sferrazza".

Zambuto sta anche pensando di togliere all'Akragas la disponibilità dello stadio Esseneto "fino a quando ci sarà questa dirigenza alla guida della società. Sto tenendo in seria considerazione quest'ipotesi. La mia unica preoccupazione è quella che a pagare siano i tifosi che onestamente seguono il calcio con buona fede e che non c'entrano nulla con tutto ciò'".

Il sindaco ha comunque precisato che l'Akragas "non ha ricevuto alcun contributo dall'amministrazione comunale che si era impegnata soltanto nel recupero dell'Esseneto".

Interviene anche il senatore del Pd Peppe Lumia: "Le dichiarazioni pubbliche di solidarietà a persone indagate e arrestate per reati di stampo mafioso sono gravissime. Le affermazioni del presidente dell'Akragas producono effetti devastanti sui tanti giovani che seguono con passione lo sport. Così si fa passare un messaggio culturale ed educativo sbagliato e negativo".

Nedved alla Juventus con Diego

Pavel Nedved è tornato a Vinovo

Visita di cortesia del ceco che sta vagliando l'offerta del club di tornare per far parte dello staff.

Il grande ritorno. Pavel Nedved si è fatto vedere per la prima volta a Vinovo, dove la Juve si è allenata in preparazione della trasferta di Champions di Monaco.

Il ceco mancava da Juve-Lazio del 31 maggio scorso. Una semplice visita di cortesia e di saluto, dopo aver dato l'addio al calcio e dopo essersi goduto lunghe vacanze in Repubblica Ceca, ma tanta emozione.

Anche perché in ballo c'è sempre l'offerta della società e di Ferrara di rientrare nei ranghi bianconeri con compiti diversi dallo spingere sulla fascia o farsi vedere in zona gol.

Pavel è un simbolo bianconero e rivederlo presenza stabile alla Juventus, nello staff tecnico, è il sogno di tanti tifosi e dei suoi ex compagni.

domenica 27 settembre 2009

Pinocchio di Benigni tra i più brutti di sempre

Pinocchio nella hit dei 100 film più brutti

Il film diretto da Benigni nel 2002 è stato il più costoso nella storia del cinema italiano: 45 milioni di euro

Alcuni hanno avuto brillanti successi al botteghino. Altri invece sono rimasti nelle sale solo qualche giorno. Ciò che li unisce sono le pessime recensioni ottenute dai critici.

"RottenTomatoes.com", sito che si occupa di cinema e il cui nome, deriva dall'antica pratica, ormai in disuso, di "tirare pomodori agli attori dopo una brutta esibizione", ha stilato la classifica dei 100 film più brutti degli ultimi 10 anni.

Alcune pellicole in classifica hanno come protagonisti celebri attori di Hollywood e la maggior parte sono costate diversi milioni di dollari alle case di produzione.

La nota più triste della rassegna è che sul podio troviamo anche l'unico film italiano presente in classifica: si tratta di "Pinocchio", pellicola di Roberto Benigni del 2002 che si piazza al terzo posto. Atteso con grande entusiasmo dal pubblico del Belpaese (pochi anni prima il comico toscano aveva incantato il mondo con "La vita è bella"), "Pinocchio", in assoluto, è stato il film più costoso nella storia del cinema italiano (45 milioni di euro).

La pellicola nel 2002 ottenne 3 nomination ai "Razzie Awards" (gli Oscar dei film peggiori dell'anno) e Roberto Benigni fu premiato come peggior attore protagonista per la sua interpretazione.

Nella sua recensione "RottenTomatoes.com" sostiene che Benigni "fa cilecca clamorosamente con quest'adattamento di Pinocchio e il risultato è un progetto poco divertente, malfatto e che mette i brividi".

Negli ultimi dieci anni, secondo il sito americano, sono stati prodotti solo due film più brutti di Pinocchio. La palma della peggiore pellicola la conquista "Ballistic", thriller del 2002 con Antonio Banderas. Secondo peggior film è "Chiamata senza risposta", horror del 2008. "Uno dei più deboli remake del cinema horror giapponese" scrive il sito di cinema.

Tra i peggiori si posizionano "3 Strikes", "Redline", "Witless protection", "88 minuti" con Al Pacino, "The Hottie & the Nottie" con Paris Hilton, "Travolti dal destino" di Guy Ritchie con l'ex moglie Madonna e "Basic Instinct 2", con Sharon Stone del 1992.

Baarìa, un film da vedere assolutamente!

Finalmente nelle sale "Baarìa", racconto corale di un secolo italiano. Nelle sale italiane dal 25 settembre. Il film con cui Giuseppe Tornatore ha raccontato la storia della sua città (e dell'Italia): "Baaria è tutta la mia infanzia".

"Baarìa" è un viaggio che procede dentro il particolare per raccontare la Storia, quella con la "s" maiuscola. Il film che più ha fatto parlare di sé per molte ragioni e che ha affascinato e creato innominabili attese.

Una storia che è già nota prima di raccontarla, uno tra i prodotti più costosi del cinema nostrano che segna il ritorno in scena di un grande regista, Giuseppe Tornatore, che ha scelto questa volta la chiave introspettiva per l'ambizioso proposito di disegnare un racconto corale e collettivo, in cui ognuno possa riconoscere se stesso.

È una "meglio gioventù" in versione siciliana questo ritratto dell'Italia attraverso i decenni che filtra dal lento e quotidiano vivere di una città simbolica e arcaica come Bagheria ('Baarìa' nel dialetto locale).

È qui che si disegna la vita di una famiglia siciliana, raccontata attraverso i protagonisti di tre generazioni: dal nonno Cicco, che negli anni del Fascismo è un modesto contadino innamorato della poesia, fino al nipote Pietro, passando per la passione politica scoperta da Peppino, sindacalista e membro del Pci durante gli anni duri della Seconda guerra mondiale.

È una fotografia in movimento "Baarìa".

Scattata con l'obiettivo puntato sulle vicende intime di questa famiglia siciliana, valido (e forse troppo ambizioso) espediente per scrivere sessant'anni di Storia italiana durante il secolo scorso.

Non anni qualunque, ma quelli che attraversano il Paese nel modo più viscerale e passionale della sua storia: l'avvento del Fascismo e la Resistenza, il secondo conflitto mondiale con le sue vittime sacrificali, la nascita di un sentimento di rivolta popolare e il fallimento del grande Partito Comunista sono il filo conduttore di questo composito ritratto, vissuto in prima persona sulla pelle dei giovani protagonisti che se ne fanno interpreti.

Un bianco e nero che cavalca i decenni e una storia comune, ma osservata sempre da un'unica ambientazione e con un solo sguardo: la piccola e affascinante provincia di Palermo e i suoi abitanti, con i propri sogni e le proprie ambizioni, filtro attraverso cui passano le vicende di tutta l’Italia, ma interpretate con la sicilianità di cui tutto il racconto è permeato.

Perché è questo prima di tutto che un Tornatore nostalgico e carico di poesia ha voluto disegnare: il suo paese e le sue origini, il complesso e passionale modo di vivere di Bagheria e delle sue genti, riassunte nel lungo percorso che Peppino (Francesco Scianna) e Mannina (la giovanissima esordiente Margareth Medé) intraprendono con la loro storia d'amore.

Il pubblico li accompagna dalla prima infanzia alla vecchiaia, e con loro, attraverso di loro, ripercorrerà le vicende che hanno scritto la storia del paese: dal referendum repubblicano fino al dominio incontrastato della Democrazia cristiana, che traghetta l'Italia dal dopoguerra al boom economico, fino all'età adulta del rampantismo anni Ottanta.

A fare da sfondo a questa sorta di epopea tutta siciliana le indimenticabili colonne sonore di Ennio Morricone, per un prodotto quasi unico della produzione italiana, in cui compaiono i volti più noti del nostro cinema: da Enrico Lo Verso a Monica Bellucci, accanto a Lina Sastri, Vincenzo Salemme e Leo Gullotta.

Venti milioni di euro il costo di realizzazione, oltre 100 diversi ambienti per girare le sue scene e 20mila comparse, 1.600 soltanto per la scena della processione di San Giuseppe. Un set che è diventato un vero e proprio cantiere a cielo aperto nella vecchia fabbrica di Ben Arous, sobborgo di Tunisi.

Un film certamente ben riuscito per la potenza della sua fotografia e nel complesso della sua struttura scenografica, che ha il pregio di portare sulla scena la recitazione pulita dei suoi interpreti esordienti, accanto alla sapienza dei volti più noti del nostro panorama cinematografico.

"Baarìa" resta uno dei migliori ritratti dell'Italia che è stata, raccontata per una volta da un punto di osservazione inedito e affascinante, carico di tutta la passione che la terra di Sicilia conserva ancora oggi.

sabato 26 settembre 2009

Lascia autobus in sosta e va a cena a casa sua

Denunciato un autista di autobus. Ha parcheggiato l'autobus davanti alla propria abitazione, tenendo il motore acceso e le porte aperte, ed entrato in casa e si è seduto a tavola per cenare.

L'autista, 43enne di Acerra (Napoli), dipendente del Consorzio trasporti pubblici, è stato sorpreso dai carabinieri che lo hanno immediatamente denunciato per interruzione di pubblico servizio, peculato e truffa aggravata.

Davanti ai militari l'uomo ha persino tentato di giustificarsi, dicendo di essere salito poco prima per espletare un bisogno fisiologico, ma le sue parole non sono state ascoltate.

L'autista, infatti, era sotto osservazione già da tempo: diversi utenti avevano segnalato il continuo salto di corse che, casualmente, avvenivano la sera, quando era di turno il conducente ora denunciato.

Intanto l'azienda pubblica che gestisce i collegamenti tra Napoli e la provincia, sta valutando possibili iniziative disciplinari a carico dell'autista e non ultima l'eventualità di dichiararsi parte civile nel processo contro il quasi ex dipendente.

Tutti contro l'autista. Contro il conducente si sono scagliati anche il sindaco di Accerra e il presidente della Provincia di Napoli che considerano il comportamento dell'autista quantomeno "irresponsabile" e lesivo della "dignità di tanti lavoratori".

L'assessore ai trasporti: "L'atteggiamento di uno sconsiderato scredita l'immagine di tutti i napoletani, creando false convinzioni sui comportamenti dei nostri lavoratori".

Abuso di potere: governo contro Annozero



Contro Annozero di Michele Santoro e Marco Travaglio, e soprattutto contro i 5 milioni e mezzo di telespettatori che hanno seguito l'ultima puntata dedicata allo scandalo del sex-gate che coinvolge il premier, ora scende in campo il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.

Se Scajola ha scavalcato perfino il suo vice-ministro delle Comunicazioni, vuol dire che lo scontro fra il governo e il sistema dell'informazione è arrivato ormai a un punto di non ritorno. Questa è nient'altro che una dichiarazione di guerra. Una sfida finale. Un attacco frontale a ciò che resta del servizio pubblico e della libertà di stampa nel nostro Paese.

La convocazione d'autorità dei vertici Rai, da parte del ministro al quale fa capo questo settore industriale, configura oggettivamente un abuso di potere ai danni della Commissione di Vigilanza a cui spetta per legge il controllo e anche dell'Authority sulle Comunicazioni. Un'interferenza indebita, dunque, nei confronti del Parlamento e dell'Autorità di garanzia.

Un'invasione di campo che può essere stata sollecitata e autorizzata solo dal delirio di onnipotenza di un presidente del Consiglio che non è più in grado evidentemente di distinguere le sue responsabilità istituzionali dai suoi interessi e dalle sue ossessioni personali.

Nell'inquietante e minacciosa escalation governativa contro l'informazione, lo stesso ministro fa un riferimento esplicito a una "campagna mediatica basata sui pruriti, sulla spazzatura, sulla vergogna, sull'infamia, sulle porcherie", con una raffica di imputazioni che respingiamo al mittente e al mandante senza alcuna esitazione.

I pruriti, la spazzatura, la vergogna, l'infamia e le porcherie, come le chiama Scajola, non sono nostre, non appartengono al nostro modo di fare informazione e opinione, bensì ai comportamenti del capo del governo, alle sue dubbie frequentazioni e relazioni. E non a caso, oltre che da noi, gli vengono contestati ormai da tutta la stampa internazionale.

In una trasmissione corretta e coraggiosa, durante la quale è stato ampiamente assicurato il contraddittorio, la vera colpa di Santoro è stata quella di mandare in onda per la prima volta su una rete televisiva italiana un brano di una delle tante interviste rilasciate negli ultimi mesi da Patrizia D'Addario, la escort barese che ha aperto uno squarcio sui festini di Palazzo Grazioli, alle televisioni di mezzo mondo.

Un documento registrato e già trasmesso all'estero, quindi, mostrato finalmente anche ai telespettatori italiani, per lo più ignari e inconsapevoli. Un racconto in prima persona, una testimonianza, priva per di più di accuse personali.

Sarà pur vero, come protesta adesso Scajola, che "la magistratura non ha rilevato alcun elemento per aprire inchieste sul presidente del Consiglio". Finora, aggiungiamo noi. Ma in ogni caso non c'è neppure bisogno di aspettare l'intervento di un Tribunale della Repubblica per giudicare sul piano politico e morale un capo di governo che, per sua stessa ammissione, riceve "persone poco serie" nelle proprie residenze, a suo dire "in modo inconsapevole".

Non sono dunque i giornali, non è la televisione, non è Annozero, ad alimentare una "stagione di veleni". Questi sono stati sparsi semmai a piene mani dal presidente del Consiglio, con i suoi raptus senili, con un malcostume indegno del suo ruolo e della sua funzione.

E prima di convocare i vertici della Rai, per contestare presunte aggressioni che sarebbero finalizzate a "sovvertire il risultato elettorale", un ministro della Repubblica farebbe meglio a preoccuparsi di garantire - per la sua parte di responsabilità - un'informazione più completa possibile, per mettere tutti i cittadini in condizione di sapere e di valutare.

Il paradosso, invece, è che all'estero il caso Berlusconi è più conosciuto, analizzato e discusso che in Italia. Sotto la narcosi dell'informazione di regime, alla maggioranza degli italiani teledipendenti il presidente del Consiglio appare tuttora come la vittima, inerme e innocente, di una macchinazione, di un complotto, di una congiura. Ma in realtà è lui stesso l'artefice di uno scandalo che ha messo in scena da regista e interpretato da protagonista principale.
Giovanni Valentini (La Repubblica)

venerdì 25 settembre 2009

Niente soldi, si resta a casa... in pigiama

(nella foto il nuovo modello di pigiama che ci riscalda)

La crisi ci lascia in pigiama: "Niente soldi, si resta a casa". Se è un effetto collaterale della crisi o un trend di stile si vedrà. Una cosa è certa: nella top-ten degli indumenti più fashion del momento il pigiama conquista un posto d'onore.

L'indumento più "pigro" che ci sia rivive oggi una seconda giovinezza. Una rivincita confermata dai numeri, che rivelano un'impennata fino al 40% sulle vendite. Merito (o colpa?) dell'abitudine di passare più tempo in casa.

Le nuove tendenze. Forse perché gli italiani sono diventati più pantofolai. O forse, come suggeriscono gli osservatori di mercato, perché hanno meno soldi da spendere per uscire, sta di fatto che davanti alla tv o sotto le coperte non serve stupire con effetti speciali. Basta un semplice pigiama, meglio se comodo e sportivo, per trascorrere una serata di relax.

I dati parlano chiaro: in controtendenza rispetto a tutto il comparto moda, il segmento pigiami non solo è finora passato indenne attraverso la tempesta recessiva, ma ha registrato percentuali di crescita a due cifre.

Quello del pigiama non è un vezzo tutto italiano. Secondo quanto riportato dal giornale inglese The Independent, anche nel Regno Unito le vendite sono schizzate del 30%. Ma a stupire di più è l'inversione di tendenza nel target degli acquirenti: da sempre considerato un capo un po' retrò, il pigiama è diventato popolarissimo tra gli under 30 inglesi. Anche loro colpiti dagli effetti della crisi preferiscono trascorrere rilassanti serate davanti al pc o sotto le coperte, avvolti in comode tute da notte.

"In tempi di crisi, le persone tendono a stare più in casa. Al posto della classica vestaglia, scelgono capi più eclettici e adattabili". Insomma, il successo del pigiama è l'altra faccia della crisi.

Ma è anche un campanello d'allarme che dà il senso dei cambiamenti di costume e delle conseguenze psicologiche legate alla recessione.

"Le persone hanno minore disponibilità di denaro e spendono meno per i prodotti che servono a presentarsi in pubblico. Il pigiama è un indumento di rifugio quando si sceglie di stare soli. E' l'emblema della solitudine. Di una solitudine indotta dalla mancanza di risorse economiche".

"Per colpa della crisi anche la socializzazione è diventata un fatto episodico. Alle uscite con gli amici si dedica al massimo una sera alla settimana. Per il resto, si sta in casa. In pigiama
".

La mela bicolore

Sull'albero una mela bicolore. Gli esperti: "Uno scherzo della natura". Per ora lo scopritore la tiene chiusa nel suo frigo "al sicuro".

Il 72enne Ken Morrish l'ha trovata nel suo campo di Colaton Raleigh nel Devon. Si tratta di "un caso su un milione".

Quando Ken ha raccolto le mele dal suo albero nel suo campo di Colaton Raleigh nel Devon e si accorto che una era bicolore, ha subito pensato ad uno scherzo di qualche buontempone. Poi, però, esaminando il frutto da vicino, si è accorto che i colori erano naturali.

La bizzarra mela è così diventata una vera e propria celebrità nel paese e i suoi concittadini fanno la fila per vederla e fotografarla.

Morrish: "Da lontano mi sembrava ancora un po' acerba mentre invece poi mi sono avvicinata e sono rimasto stupefatto. Era una mela bicolore".

Il maltempo flagella la Sicilia

Scuole chiuse, frane a Palermo: evacuate famiglie. Sono state evacuate le famiglie che erano rimaste bloccate nelle loro abitazioni in alcuni palazzi a Palermo, in seguito a una frana, la seconda in cinque giorni.

Lo smottamento ha creato ripercussioni sulla circolazione stradale e ad alcuni residenti, che non sono potuti uscire o non hanno potuto raggiungere le loro abitazioni. Via Salita Belmonte è ancora chiusa a causa del fango e dei detriti e circa sessanta persone sono state allontanata dalle loro abitazioni, in attesa di sopralluoghi per accertare l'agibilità delle case.

Gli sfollati che non hanno trovato posto presso amici e parenti, saranno ospitati in strutture del comune. Sul luogo sono intervenuti i mezzi della protezione civile regionale e del comune, i vigili del fuoco e i carabinieri. Ritrovato un disperso, treni bloccati e frane.

Sta bene l'anziano sorpreso dal temporale mentre cercava i funghi. È stato ritrovato l'anziano di 70 anni che risultava disperso. L'uomo era andato in cerca di funghi ma poi si erano perse le sue tracce.

La famiglia, allarmata dal maltempo ha dato l'allarme. Si è messa subito in moto la macchina delle ricerche attivando vigili del fuoco e personale della polizia che hanno avviato le ricerche anche con l'ausilio di un elicottero. Fortunatamente l'anziano è stato ritrovato ed è in buone condizioni di salute.

giovedì 24 settembre 2009

Santoro: non abbiamo imperatore ma premier!

Siamo diversi, non contro a priori" "Abbiamo diritto ad essere diversi"

Santoro apre la stagione di Annozero: "Umiliante sentirsi in 'nomination'. C'è un premier, non un imperatore. Diversi non vuol dire contro. E con la diversità la democrazia è più forte".

Michele Santoro apre così la prima puntata di stagione di "Annozero", dopo le polemiche per la mancata firma del contratto di Marco Travaglio.

Un titolo evocativo, "I farabutti", per ricordare le parole di Silvio Berlusconi durante il "Porta a porta" per la consegna delle case in Abruzzo anticipato in prime time con conseguente slittamento di Ballarò, altro caso Rai dei giorni scorsi.

Una premessa, per il conduttore di "Annozero", è d'obbligo: "Le cose dette e che si diranno non possono essere le solite invenzioni di Santoro".

Poi, prima parte della copertina, le immagini del premier a "Porta a porta", le dichiarazioni sulla stampa, la Rai, e i "farabutti" nel mondo del'’informazione.

Ma, chiede Santoro: "cosa sarebbe la Rai senza Report, Che tempo che fa, Annozero?". La riflessione è rimandata al pubblico.

Sottolinea il conduttore: "Certo che per noi è umiliante che qualcuno si chieda 'chi sarà fatto fuori per primo', come se fossimo tutti in nomination. Noi non abbiamo un imperatore, abbiamo un presidente del consiglio democraticamente eletto, ma abbiamo il diritto ad ascoltare il nostro cuore, la nostra coscienza e soprattutto ad essere diversi. Che secondo me non vuol dire essere contro. È che coltivando la nostra diversità siamo convinti che la democrazia sarà più forte. E per dare dimostrazione che ci seguite non cambiate canale ora che c'è la pubblicità, così dimostrerete di essere veramente vicini ad Annozero".

Torna finalmente Carmen Consoli

Carmen Consoli torna alla musica.

Il 30 ottobre esce il nuovo album.

Si preannuncia un autunno ricco di grandi ritorni musicali a sorpresa. Ed ecco Carmen Consoli che pubblica il singolo "Non molto lontano da qui", in uscita il 9 ottobre.

Il brano anticipa l'album, ancora senza titolo, previsto per il 30 ottobre, come riferisce il sito ufficiale della cantante. Il lavoro discografico arriva a tre anni dall'inedito "Eva contro Eva".

Non si sa nulla di più circa i contenuti del prossimo disco di Carmen Consoli, che ha sempre abituato i suoi fan alla ricerca sperimentale di nuovi suoni ispirati alle origini della sua sicilianità.

L'ultima 'apparizione' musicale della cantantessa risale allo scorso anno quando ha partecipato al brano "Tutto l'universo obbedisce all'amore" di Franco Battiato e alla rivisitazione del suo album storico "Mediamente isterica" a dieci anni dalla sua uscita.

Tra una pausa e l'altra del suo lavoro la Consoli ha partecipato lo scorso giugno al concerto benefico "Amiche per l'Abruzzo" allo stadio San Siro. In quella occasione si è esibita al basso e accompagnata da Paola Turci alla chitarra, da Marina Rei alle percussioni e da Nada. Poi è stata la volta di "Quello che le donne non dicono" con Fiorella Mannoia, Giorgia, Elisa e Laura Pausini.

Insomma non resta che attendere il 9 ottobre per ascoltare la traccia inedita, frutto di mesi di lavoro.

43.000 vite spezzate - di Francesco Suraniti

La guerra in Afghanistan, quella iniziata il 7 ottobre 2001, ha provocato finora la morte di 43.000 vite umane.

La guerra ha moltiplicato quasi per quindici le vittime dell'11 settembre 2001. Come se le Torri a cadere giù fossero state 29.

La spedizione militare in Afghanistan ci costa 500 milioni di euro l'anno, il che significa quasi un milione e mezzo di euro al giorno.

Abbiamo speso in otto anni di conflitto oltre due miliardi e mezzo di euro e cosa abbiamo ottenuto con la "peacekeeping"? Se noi chiamiamo "peace" la situazione attuale tra mutilati, affamati e morti, come dovremmo definire la guerra o per dirla alla inglese la "war"?

Dopo otto anni gli afgani si ritrovano con un presidente fantoccio, Karzai, che ha imbrogliato almeno un milione e mezzo di schede elettorali e che, per avere i voti dei capi tribù, ha introdotto il diritto del marito di stuprare, violentare, picchiare e anche uccidere la moglie e le donne di sua proprietà.

È questo l'obiettivo per cui sono morti i militari italiani, inglesi, spagnoli, tedeschi, e americani?

Prima che arrivasse la guerra in Afghanistan i talebani erano considerati occupanti. Oggi il popolo sta con i talebani, che continuano a controllare il 97% del Paese, e si divide tra le varie tribù portando ad un aumento il potere dei signori locali della guerra che hanno imposto la loro legge e aumentato i loro affari con la coltivazione del papavero.

Gli Afgani non ci acclamano come liberatori perché abbiamo ucciso i loro mariti, i loro figli, i loro cari, perché può succedere che per errore gli americani uccidano 80 civili in un colpo solo durante i festeggiamenti di un matrimonio.

Noi in questa guerra non saremmo mai dovuti entrare semplicemente perché: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

Ci ritroviamo impantanati in questa situazione a causa dell'ipocrisia di chi utilizza la parola: peacekeeping.

Se solo avessimo ascoltato i "Padri della Costituzione"...

Otto anni fa sarebbe bastato dire: "Noi non possiamo entrare in guerra, la Costituzione ce lo impedisce".

Oggi basterebbe ritirarsi. Possiamo restarci anche 500 anni lì con le armi, la situazione non si sbloccherebbe.

Vogliono farci credere che i militari della folgore sono andati in Afghanistan a costruire ponti e scuole e a regalare pennarelli e cioccolatini ai bambini, per esportare tutta la democrazia che eccede nel nostro paese in realtà da maggio le truppe italiane hanno ucciso almeno cinquecento "nemici" nelle battaglie combattute nell'ovest dell'Afghanistan con un massiccio impiego di carri cingolati ed elicotteri da combattimento e presto, come annunciato, avranno a disposizione anche le bombe sganciate dai Tornado.

Ci ritroviamo in uno scenario di Guerra imprevedibile dove non c'è nessuna pace da mantenere perché semplicemente la pace non c'è.

Siamo in guerra, a dispetto dell'articolo 11 della nostra Costituzione, per motivi esclusivamente economici e politici.

Fabio Mini, ex comandante del contingente Nato in Kosovo, ha recentemente dichiarato: "Ufficialmente lo scopo fondamentale, il center of gravity, della missione non è la ricostruzione, o la pacificazione né la democrazia: è la salvaguardia della coesione della Nato in un momento di crisi della stessa. Questo è lo scopo dichiarato, scritto nei documenti ufficiali della missione Isaf. La Nato è in Afghanistan esclusivamente per dimostrare che è coesa: lo scopo è essere insieme. Ecco perché gli Stati Uniti chiedono soldati in più: ma pensate davvero che manchino loro le forze per far da soli? Credete davvero che i nostri soldati o i lituani siano importanti? No! L'importante è che nessuno si sottragga a un impegno Nato. Ecco perché vengono chiesti continuamente uomini agli alleati".

Noi spendiamo 500 milioni di euro l'anno per salvaguardare la coesione Nato, alla faccia degli afgani.

Questi soldi equivalgono a 65 progetti Emergency in Afghanistan, sono 65 volte centomila pazienti curati ogni anno.

Poi possiamo anche continuare a prenderci in giro facendo finta che si tratti soltanto di burqa e di rasoi da barba.
Francesco Suraniti

Incidenti sul lavoro mortali

Non avranno i funerali di stato e neanche le lacrime di tanti italiani, ma solo le lacrime vere dei familiari, lasciati improvvisamente "soli".

Ancora incidenti sul lavoro mortali.

La sicurezza sul lavoro continua a essere uno dei temi drammatici che la cronaca non smette di portare in evidenza quasi ogni giorno. Ogni anno mediamente il 6% dei lavoratori italiani subisce un incidente sul lavoro.

Si tratta di quasi un milione di incidenti di diversa natura e gravità, dei quali circa 600 mila con esiti di inabilità superiore a tre giorni, oltre 27 mila determinano una invalidità permanente nella vittima, e più di 1.300 ne causano la morte. Ciò equivale a dire che ogni giorno tre persone perdono la vita per disgrazie legate alla propria attività lavorativa.

Incidenti sul lavoro mortali anche in questi giorni: uno in Sardegna, un altro in Calabria.

Il primo è avvenuto a Macchiareddu, nella zona industriale di Cagliari: un peraio di 34 anni è morto, travolto da un pesante macchinario, mentre lavorava in una cartiera. Al momento non si hanno altri particolari.

Quello di questa mattina segue di poco l'incidente sul lavoro di ieri a Olbia, dove un operaio di 50 anni è morto, e un altro è rimasto ferito in modo grave, in un cantiere nella zona industriale. I due erano impegnati nella costruzione di un capannone.

Sempre oggi, è morto un operaio impegnato nei cantieri per l'adeguamento dell'autostrada A/3 Salerno-Reggio Calabria. Il fatto è avvenuto trra gli svincoli di Tarsia, nel cosentino. La dinamica dell'accaduto non è stata ancora chiarita.

Superstizioni: Non è vero ma ci credo! 1a Parte

Premessa: sono convinto che tutte le superstizioni abbiano origine dall'ignoranza o dai timori, oppure sono nate in tempi lontani dove il timore dell'ignoto prevaleva sulla ragione.

Tale culto della paura era alimentato soprattutto da "gentiluomini" che, facendo leva sull'ignoranza del popolo, riuscivano a ritagliarsi un ruolo importante nella società.

Quanti di voi non sanno che rompere uno specchio può portare sette anni di guai, o che avere un ferro di cavallo in casa porta fortuna? Pochi, come pochi non conoscono altre superstizioni.

Mai avrei comunque immaginato che ancora oggi, e nei giovani, si credesse così tanto alle superstizioni. Sono rimasto "sconvolto" ad ascoltare alcune credenze che diversi miei amici dicono di conoscere e "applicare". Ho fatto una ricerca anche tra le persone più anziane e sono uscite cose incredibili. La cosa che oltretutto fa impressione è che quasi tutta la nuova generazione continua ad ascoltare queste "favole".

Chi permette alla superstizione di influire sulle sue decisioni e sulla sua vita quotidiana si lascia dominare da qualcosa che effettivamente non capisce. La superstizione è un'innocua e irrilevante debolezza ma anche una sinistra minaccia per la serenità della vita di ognuno di noi.

Il fatto che queste leggende si siano tramandate per tanto tempo le ha trasformate in "verità": una bugia ripetuta tante volte diventa verità, e spesso ciò che è lontano nel tempo assume una valenza maggiore (e mitica) rispetto alle cose del giorno d'oggi. Ognuno è libero di credere ciò che vuole per quanto riguarda la religione, ma faccia attenzione quando si entra nel campo della superstizione: essere molto superstiziosi è il primo passo per essere deboli e facili prede di maghi, ciarlatani e santoni vari.

Viene definita superstiziosa la persona che crede in cose soprannaturali, nei sortilegi e nella magia. Difficilmente però si ammette di essere superstiziosi, di credere a certe "ridicolaggini", come si è soliti affermare con solennità quando si è con amici a cui si vuole mostrare la propria superiorità di fronte a simili "sciocchi pregiudizi". Salvo poi, in privato, fare i debiti scongiuri per avvenimenti o situazioni che necessitano dì un atto scaramantico.

Se volessi mettere in fila tutte le superstizioni presenti nella nostra società l'elenco sarebbe lunghissimo. Ogni cosa, essere o evento, per l'irrazionale della mente, può portare fortuna, sfortuna oppure addirittura avere più specifici effetti.

Il gatto nero che attraversa la strada, lo specchio rotto, il passare sotto una scala, lo spargere sale, sono superstizioni tradizionali, semplici e circoscritte. La superstizione, però, può divenire addirittura uno stile di vita perché, per certe persone, può influenzare ogni scelta, ogni comportamento. Ogni essere umano può dimostrarsi, inoltre, un creativo: ciascuno può, spontaneamente, creare delle nuove e personali scaramanzie (un indumento che "porta bene") da aggiungere alle superstizioni antiche e tradizionali, e dunque generalizzate e generiche come il fare le corna o il dire "in bocca al lupo" con quel che segue.

Chi, pur segretamente, non ha effettuato scongiuri per propiziarsi la fortuna? E' incontestabile che, pur fingendo di non credere si attribuiscano a taluni elementi una particolare influenza magica: "Non è vero... ma ci credo!".

Quanti di voi sarebbero disposti a sfidare la sorte compiendo gesti che tradizionalmente sono ritenuti apportatori di negatività? Chi volutamente è disposto a posare il pane sulla tavola capovolto, a mettere i coltelli in croce o a passare sotto una scala, ben sapendo che tutti questi gesti sono considerati negativi? Che dire poi del "13 a tavola"? Questa assieme a quella del "venerdì", è una delle superstizioni più diffuse. Per non parlare di "venerdì 17", giorno per taluni così infausto, che persino i quotidiani non mancano a sottolinearlo. [FINE PRIMA PARTE]
Enzo Amato

Libertà di informazione - da "il Volatore"

Ok, l'informazione libera non esiste. Ma almeno portateci un po' di rispetto.

Il mondo va all'incontrario... Lo cantava Paolo Rossi, qualche fa. Era un sogno, il suo, di una Milano dove ad un certo punto "erano i piccioni a fotografare i giapponesi", e via dicendo.

Allo stesso modo, sabato 3 Ottobre a Roma, scendono in piazza i giornali. Che uno si aspetterebbe in edicola, o on-line, o via etere. E invece se li trova per strada. Si materializzano con i volti e le gambe di cento, mille, cronisti per lanciare un grido d'allarme sulla libertà di informazione nel nostro Paese.

Non siamo in dittatura. Ma ne viviamo per certi aspetti la sostanza. E' per questo che nasce la manifestazione di sabato 3 Ottobre.

L'errore di prospettiva che si fa – nel dibattito in corso sulla libertà di informazione – è di guardare tutto nell'ottica dello scontro in atto tra il gruppo de "La Repubblica" e il Presidente del Consiglio. Uno scontro durissimo, che in sé nasconde tutte le ambiguità del potere quando non può o non sa rispondere a domande troppo difficili.

Ma tutta la vicenda nata dal caso Noemi è solo il vertice del problema.

"Repubblica" può scrivere ogni giorno quello che vuole, e non rischia di chiudere. Ma ci sono centinaia di testate grandi e piccole in Italia, che rappresentano l’informazione quotidiana, locale, prossima, che invece sono davvero in difficoltà. E proprio per questo non sono libere.

Per un rapporto malato con il potere politico, per cui non esistono testate che non ricevano contributi pubblici. Per le querele che si ricevono un giorno si e un giorno no (e anche se si vincono, le cause, alle redazioni costano: tensione, tempo, denaro). Per la mancanza di forze, di strumenti di sviluppo, risorse, assorbite totalmente dai grandi gruppi (e tra questi con una posizione stradominante c'è gruppo del Presidente del Consiglio, e non per principi di libero mercato).

Sono mille i motivi per cui la stampa in Italia non è davvero pienamente libera. Santoro continua a fare il suo programma, perché su di lui i riflettori sono comunque accesi. Ma a "Report" hanno levato la copertura legale, come a Travaglio. E per un Saviano che vende milioni di copie ci sono tanti altri cronisti, narratori, testimoni che non sono messi nelle condizioni di parlare.

"Il fatto", il nuovo giornale di Padellaro in tutta la Sicilia esce solamente a Palermo e a Catania. Perché, per il resto dell'isola (circa 4 milioni di persone, me compreso) non ce la fa con la distribuzione.

Il giornalista che è nostro punto di riferimento per tutto ciò che riguarda le inchieste sulla mafia nel territorio, Rino Giacalone, domani deve comparire davanti al Tribunale perché il Sindaco di Trapani gli ha chiesto 50.000 euro di risarcimento per un suo articolo.

Potrei continuare. Berlusconi non è solo la punta (e gran parte del tronco) dell'iceberg. E' il tappo del sistema, il modello che tutti prendono per riferimento.

Se il Presidente del Consiglio si sente legittimato a chiedere i danni a chi gli porge delle domande, l'ultimo dei peones si sentirà autorizzato (e magari penserà anche di essere ganzo) a fare altrettanto. Parli male di me? E io ti porto in Tribunale. Mi chiedi cose che non so? E io ti denuncio.

Davvero, fare informazione diventa una battaglia di resistenza.

Tante volte incontro politici, imprenditori, potenti, che mi guardano dall'alto verso il basso e sembrano dirmi: "Tanto non puoi fermarmi".

Lo so, lo sappiamo. Ma anche se non possiamo fermarvi, possiamo mostrare a tutti quello che fate. Siete troppo forti. Il mondo è vostro. Ma quello che noi ci limitiamo a fare è mostrarvi al mondo, segnarvi con la vernice. Marchiarvi. Non farvi nascondere. Mostrare al mondo quello che siete. Così che nessuno possa dire che non sapeva, che non ha visto.

Questo è il nostro compito. Per questo ha un senso la manifestazione del 3 Ottobre. Per ribadire una missione, difendere un ruolo.

Per dire che magari, si, l'informazione libera non esiste. Ma, almeno, esigiamo un po' di rispetto.
Giacomo Di Girolamo
da Il Volatore

mercoledì 23 settembre 2009

In fiamme la casa del sindaco Renzo Carini

Sono dovuti intervenire i vigili del fuoco del distaccamento di corso Calatafimi per avere la meglio di un incendio che la notte scorsa è divampato nella abitazione estiva del sindaco di Marsala Renzo Carini, sul versante nord della città.

Giunti sul luogo i pompieri hanno allertato, come da prassi, i carabinieri, per cercare di verificare l'origine del rogo. La dinamica dell'incendio è ancora da valutare, tuttavia fino al momento di andare in stampa le forze dell'ordine non avevano rilevato tracce che potessero ricondurre ad un liquido infiammabile e quindi al dolo da parte ovviamente di ignoti.

Secondo una prima ricostruzione a prendere fuoco sarebbe stato il portoncino di casa, poi l'incendio si è propagato su tutta la villetta che si trova su di una elevazione. A causa dell'elevato calore i mobili dei quattro vani in cui è divisa l'abitazione si sono come sciolti. Anche la struttura sembra avere subito danni.

Il sindaco è stato avvivato dalla forze dell'ordine nel corso della nottata, l'incendio, a quanto sembra, è divampato dalle ore 2.30.

Renzo Carini: "Avevamo trascorso il fine settimana in campagna e lunedì mattina avevamo fatto ritorno nella nostra abitazione del centro. Per la tranquillità di tutti spero che le indagini delle forze dell'ordine facciano chiarezza al più presto". [Da "Marsala C'è"]


Ovviamente non possiamo anticipare notizie che non sappiamo. Lasciamo alle forze dell'ordine il compito di condurre le indagini. Per quello che ci compete ci auguriamo che l'incendio in casa del sindaco sia riconducibile ad un evento accidentale: un mozzicone di sigaretta giunto dalla strada, un disgraziato corto circuito o una pentola lasciata sul fuoco inavvertitamente dalla gentile signora Elena. Ma se così non fosse, se si accertasse dell'altro, Carini sappia che, pur nelle giuste diversità di opinioni sulla sua sindacatura, ci troverà al suo fi anco contro ogni atto di violenza da qualsiasi parte provenga. (Il direttore Gaspare De Blasi)

Vicinanza e solidarietà alla famiglia Carini e specialmente al nostro primo cittadino. Spero solo che si tratta di un incendio non doloso. (Enzo Amato)

Onore e rispetto. Gli eroi però sono altra cosa


QUESTO MIO ARTICOLO SUSCITERA' ARRABBIATURE E POLEMICHE.
MA IO SCRIVO QUELLO CHE PENSO VERAMENTE, SEMPRE.

Non sono riuscito a piangere per i sei militari morti la scorsa settimana in Afghanistan.

Non sono un cretino, né un idiota, avrò mille difetti ma io non riesco a fingere di essere in lacrime per sei persone che hanno perso la vita mentre stavano lavorando.

Ma gli altri morti che ogni giorno ci sono in tantissimi luoghi di lavoro chi sono? Che cosa sono? Cosa rappresentano per l'Italia e per gli italiani? Dei figli di puttana che a nessun "politico" o cittadino di questo piagnone Paese interessa? Quando muore un operaio nessun politico piange vicino ai familiari.

Alcune persone in questi giorni mi hanno detto: "ma di operai ne muoiono molti al giorno, allora cosa facciamo il funerale di Stato a tutti?".

Chissà se un giorno al signor Pinco Pallino, morto nei campi agricoli, in fonderia o caduto dall'impalcatura, faranno i funerali di Stato. Chissà se un giorno vedrò inchinarsi il Presidente della Repubblica davanti ai morti nelle fabbriche, nei cantieri e in quei funerali dove non ci sono militari.

Qualcuno li definisce questi "incidenti che capitano ogni giorno", come se fosse normale morire schiacciati da un sollevatore per 1.000 euro al mese.

Questi 6 militari sono stati definiti "eroi". E io vorrei capire il perchè. Per me non sono altro che "morti sul lavoro", lavoro che svolgevano per "tanti mila euro", sapendo benissimo quello che stavano rischiando. Il muratore che cade dalla impalcatura per 1.000 euro al mese invece non è un eroe come gli altri, ma un coglione che non è stato attento a dove metteva i piedi.

Il termine "eroi" si usa a sproposito. Eroe è una persona che rischia la vita consapevolmente e coraggiosamente per un certo fine ben preciso. I nostri soldati sono solo martiri, vittime del dovere. Hanno scelto una vita che presuppone il rischio di morire. Ma in quel momento non hanno fatto nessuna scelta "eroica" che ha determinato la loro morte. Erano solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Mi dispiace, ma non riesco a vivere nel dolore per quanto è accaduto. Mi preoccupo invece delle centinaia di migliaia di persone che muoiono ogni anno per tanti motivi evitabili: chi per incidente causato da altri, chi per malattia o malasanità, chi per solitudine, chi per mancanza di lavoro e affetti, chi per mancanza di denaro...

La morte di questi soldati, che sono stati mandati a nome nostro lì, hanno toccato le emozioni di molti italiani e molti italiani si sentono a loro vicini. Riconosciamogli un grazie e un ricordo, ma facciamolo anche con tanti altri morti ingiustamente.

Quando uno decide di fare il soldato, sa che può succedere di incontrare uno che ti vuole sparare, o che ti vuole uccidere. Sono morti dei ragazzi che facevano la guerra a pagamento. Questi che sono morti erano la, ma pagati profumatamente. Sapendo che quello che è successo sarebbe potuto accadere, e non certamente per difendere la Patria, dove ci si va gratis.

Provate a proporre ai nostri militari di andare in Afghanistan per la stessa paga che hanno in caserma, vedremo quanto volontari avremo.

Vogliamo parlare di rischio? Allora guardate i numeri, andate a vedere le statistiche e vi accorgereste che le vittime in divisa, sempre in percentuale per addetti, sono circa la metà delle altre categorie cosiddette a rischio (edili, metalmeccanici...), con la sola differenza che per mettere la divisa ci vuole una buona raccomandazione e per andare in missione all'estero anche.

Avete mai visto qualcuno che cerca una raccomandazione per il proprio figlio per fargli fare il muratore o il minatore? Il dolore per delle vittime c'è e rimane, ma deve essere per tutti.

Fateci caso: se muore un solo militare perchè mai non si tratta da eroe? Serve la strage per divenirlo? Ero molto triste per Nassirya e anche ai funerali di lunedì, ho il massimo rispetto per i ragazzi morti e per quelli che continuano nella loro missione ma gli eroi sono altra gente.
Enzo Amato

Sesso e Viagra: se le cose non le sai, salle

Ma si può morire di overdose di Viagra? La risposta a questa domanda è sì.

Nella notte tra sabato e domenica scorsa, un uomo quarantenne di Roma, è morto per aver ingerito una dose troppo abbondante di Viagra, il farmaco che favorisce l'erezione. L'uomo si trovava a casa della compagna che ha chiamato l'ambulanza.

Quando l'uomo è arrivato in ospedale, però, ormai non c'era più nulla da fare. I medici devono accertare adesso se il decesso è stato causato solamente dall'ingestione di troppe "pillole blu" dell'amore. Presumibilmente il "poveretto" aveva dei seri problemi di "erection" e cercava in qualche modo di soddisfare le sue "legittime" esigenze con la propria donna. Ma credo che, piano-piano, la parola "legittimo" stia sempre più prendendo una forma molto pericolosa.
Ma che cosa rappresenta oggi per il maschio il sesso?

Sicuramente non ha solo una funzione riproduttiva, anzi quella passa oramai in ultimo piano: è una specie di carta d'identità per farsi vedere bravi agli occhi degli altri ma anche a se stessi. Più donne hai più sei bravo, hai un rispetto sociale e spesso ti considerano un eroe. Il sesso è diventato, purtroppo, lo specchio della salute, della capacità mentale. E noi, poveri trentenni, abbiamo con questa "cosa" un rapporto sempre più conflittuale.

Ragionevolmente mi viene da dire che non è il membro che non funziona ma il nostro cervello: lo stress giornaliero ci distrugge, pretendiamo sempre il massimo e quando c'è da alzare la bandiera... si fatica. Secondo quello che qualcuno scrive, le vecchie generazioni stavano meglio, oggi tutto va più veloce e alcuni ne pagano le conseguenze. Le medicine abbondano (in tv, nei giornali, in internet, in farmacia), perché in fondo la virilità non si vuole perdere, perché l'uomo è stato sempre fiero di ciò. E siamo quelli che vorremmo ragazze libertine come amanti, ma poi vogliamo la moglie più "brava" del mondo.

Questo uomo romano, probabilmente, voleva solo essere e sentirsi "maschio", voleva essere e sentirsi veramente felice, in fondo si è sempre sentito dire che "gli umani vivono solo per quella cosa", da millenni. E' la legge della natura, una cosa troppo forte che ha fatto crollare governi, famiglie, certezze, patrimoni.

E non voglio criticarlo, magari dirò per lui pure un "Eterno riposo", ma penso che questo fatto dovrebbe suscitare delle riflessioni serie. Troppe persone comprano la pillola del miglioramento. Dove si arriverà di questo passo?

Per darvi l'idea della diffusione del farmaco: sono state consumate, in 4 anni, 27 milioni di "pillole blu", in Italia soltanto. In Europa, sono 148 milioni le pillole consumate nello stesso periodo e oltre 1 miliardo nel mondo.

Forse il Viagra fa bene a chi lo fabbrica, e basta!
Enzo Amato

Laureati siciliani: disoccupati ed emigrati


La fuga di "cervelli" dalla Sicilia verso il resto del mondo è diventata un'emorragia. Aumentano sempre di più i giovani laureati che partono alla ricerca di un lavoro nel resto del globo terrestre. Solo che la palla, chiamata Terra, rifiuta già i cervelli che si trova in casa. Perchè la crisi dicono che è generale.

Ritorniamo alla nostra bella Sicilia. Questa rilevante perdita di capitale umano è molto grave per il futuro sviluppo della nostra Isola. La situazione è drammatica: giovani, in possesso di conoscenze all'avanguardia, buone lauree in tasca, rafforzate da master di specializzazioni di ultima generazione, con la valigia sempre pronta.

Da otto anni a questa parte mentre il numero di chi ritorna nel meridione sostanzialmente non cambia, il numero dei cervelli "fuggitivi" subiscono un'impennata. La Sicilia perde quindi i suoi cervelli. I nostri ragazzi quando escono dall'università hanno ormai come prospettiva la disoccupazione, i lavori sottopagati, l'emigrazione.

I cervelli che fuggono dalla nostra isola rendono più poveri tutti quanti noi, più poveri di quanto già effettivamente siamo.

Immaginiamo che in Sicilia ci fosse la cultura della ricerca, che i fondi fossero dati a piene mani, e la selezione dei canditati venisse fatta per merito e non per nepotismo, per amicizia di Tizio o Caio. Negli ultimi decenni i politici locali si sono evoluti nel rastrellare fondi ovunque era possibile. Se a un contadino togli aratro e semi, non ci sarà mai nulla da raccogliere. Se a una famiglia togli possibilità di guadagno non potrà mandare i propri figli a scuola.

Per fortuna il cielo sparge i semi dei geni senza troppe formalità. In genere se ne trovano di più tra la gente umile piuttosto che fra i ricchi. Chi si sognerebbe di affidare un'asta di beneficenza ad un usuraio? E un esercito allo scemo del villaggio? Purtroppo c'è una gran parte di siciliani che non sa riconoscere un usuraio e neppure lo scemo del villaggio.


Il siciliano non è capace di rendersi conto di quanto possa essere importante la Ricerca. E noi come popolo ci rimettiamo sempre perchè dopo avere formato delle persone in maniera efficiente ed avere perso dei soldi nella loro istruzione ne perdiamo altri perchè se ne vanno in altri Paesi a spendere quello che hanno imparato nelle nostre scuole.

Se ne vanno in altri Paesi, "arricchendoli", anche di cultura. Eppure il siciliano ha tante doti: la creatività, la fantasia. Il siciliano è predisposto al sacrificio, all'adattamento, riesce a vedere le cose in un modo sempre positivo.


Mi dispiace tanto vedere questa nostra Sicilia sprofondare sempre di più. E mi pare che nessuno dei governanti attuali ami e rispetti questa Isola. La mia cultura è tipicamente siciliana: la amo inconsapevolmente. Indipendentemente da ciò che mi toglie e da ciò che mi da.

Cosa propongo per mantenere in Sicilia i "cervelli"? Preparare i politici del futuro, senza che si contaminino con quelli attuali. Per fare tutto ciò occorre la collaborazione di tutti.
Enzo Amato

Noi... che la nostra droga era la Nutella


Gira da un po' di tempo sul web uno scritto molto particolare, dedicato a chi c'era... negli anni '80.

Ognuno, poi, condivide o meno i vari passaggi di questa "quasi poesia". E aggiunge o toglie qualche paragrafo, quasi a renderlo personalizzato, a propria misura.

Ed è quello che faccio anch'io oggi. Buona lettura.

Noi che non avevamo il cellulare.

Noi che i messaggi li scrivevamo su dei pezzetti di carta da passare al compagno.

Noi che si andava in cabina a telefonare.

Noi che usavamo i gettoni telefonici per telefonare.

Noi che il compleanno non si festeggiava ogni anno.

Noi che c'era il rullino da sviluppare e aspettavi per avere le foto almeno una settimana.

Noi che facevamo il gioco della bottiglia tutti seduti per terra.

Noi che televisore in casa ne avevamo al massimo uno.

Noi che la musica la compravamo con i risparmi.

Noi che guardavamo tutto il film in tv che iniziava, massimo alle 20:40.

Noi che giocavamo a calcio con le pigne.

Noi che suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.

Noi che nelle foto delle gite facevamo sempre le corna.

Noi che eravamo sempre sorridenti.

Noi che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.

Noi che il bagno si poteva fare solo dopo 4 ore.

Noi che ci divertivamo giocando a 'la Settimana', a 'Nascondino', a 'Palla Avvelenata', a 'Ruba Bandiera'.

Noi che passavamo il tempo con il 'dire, fare, baciare, lettera e testamento' o con 'fiori frutta e città' (e la città con la 'D' era sempre Domodossola).

Noi che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più figo.

Noi che 'se ti faccio fare un giro con la bici nuova non devi cambiare le marce'.

Noi che il 'Ciao Piaggio' si accendeva pedalando.

Noi che facevamo a gara a chi masticava più 'Big babol' contemporaneamente.

Noi che i termometri li rompevamo, e le palline di mercurio giravano per tutta casa.

Noi che dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.

Noi che se passavamo la palla al portiere coi piedi e lui la prendeva con le mani, e non era fallo.

Noi che con le 500 lire di carta ci venivano 10 pacchetti di figurine Panini.

Noi che ci mancavano sempre quattro figurine per finire l'album dei Calciatori.

Noi che avevamo il 'nascondiglio segreto' con il 'passaggio segreto'.

Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la penna.

Noi che in tv guardavamo solo i cartoni animati belli!

Noi che litigavamo su chi fosse più forte tra Goldrake e Mazinga.

Noi che abbiamo raccontato 1.500 volte la stessa barzelletta.

Noi che a scuola ci andavamo da soli, e tornavamo da soli.

Noi che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, la mamma a casa poi te ne dava altri due.

Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.

Noi che sappiamo ancora a memoria la formazione della nazionale Campione del Mondo nell'82.

Noi che si poteva star fuori in bici il pomeriggio.

Noi che però sapevamo che erano le 16 perchè stava per iniziare 'Bim Bum Bam'.

Noi che sapevamo che ormai era pronta la cena perchè c'era Happy Days.

Noi che avevamo le stagioni naturali.

Noi che stava per nascere un nuovo ospedale a Marsala a Cardilla.

Noi che abbiamo sentito le voci libere dei giornalisti in tv, da Mauro Rostagno a Enzo Biagi.

Noi che mangiavamo le primizie, ed erano delizie.

Noi che il primo novembre era 'Tutti i Santi', mica 'Halloween'.

Noi che a Natale giocavamo a carte o a tombola, tutti in famiglia.

Noi che a Carnevale ci vestivamo tutti in maschera, e ballavamo nelle feste private.

Noi che non avevamo bisogno di sostanze stupefacenti o dell'alcool per divertirci.

Che fortuna esserci stati!
Enzo Amato

martedì 22 settembre 2009

Condannato Del Noce. Assolto Valerio Staffelli



Multa da 800 euro al direttore di Raiuno.

Si è conclusa al Tribunale di Roma il processo in cui erano imputati l'inviato di "Striscia la Notizia" e Fabrizio Del Noce, all'epoca direttore di Rai Uno.

Valerio Staffelli è stato assolto dall'accusa di violenza privata, mentre l'attuale direttore di Rai Fiction è stato condannato a pagare 800 euro di multa per "lesioni procurate all'intervistatore".

La sera del 30 novembre 2003, davanti al ristorante Il Bolognese, in piazza del Popolo, a Roma, l'allora direttore di Raiuno aveva colpito Staffelli al naso con un microfono.

"Sono contento - commenta l'inviato di Striscia - perchè tutti noi giornalisti potremo continuare a fare questo mestiere senza paura di fare domande. Se fossi stato condannato sarebbe stata la fine della libertà di stampa".

Per Staffelli l'accusa aveva chiesto 4 mesi di reclusione per "violenza privata". Per Del Noce 400 euro di multa, che il giudice ha raddoppiato.

Duro Del Noce: "Mi stupisce che non sia stata nemmeno riconosciuta la violenza privata. Non farmi uscire dall'auto è stato un atto al limite del sequestro di persona, sono perplesso su questa sentenza. Ricorreremo in appello".

Il "Travaglio" di Annozero

Scontro con il direttore Liofredi. "Solo problemi tecnici". "Bugiardo"

"Marco Travaglio ci sarà, se non c'è lui non c'è Annozero. Annozero e Travaglio sono la stessa cosa".

Michele Santoro lancia l'ultimatum alla Rai. Se non verrà firmato il contratto del suo più prestigioso (e discusso) collaboratore, il programma (che dovrebbe partire il 24 settembre) non andrà in onda.

Santoro: "Travaglio è irrinunciabile. Travaglio ha dichiarato da parte sua di non essere però ancora stato chiamato dall'Azienda per firmare il contratto".

Santoro parla di "contratti firmati solo una settimana prima dell'inizio del programma", di troupe al completo solo tre giorni prima "in un programma che ha come core business l'inchiesta filmata".

Legge un piano preciso dietro i ritardi, il conduttore. Ovvero "un attacco alle punte del servizio pubblico, ai programmi che ne incarnano lo spirito: le trasmissioni indicate da Berlusconi a Porta a Porta come fatte da 'farabutti' hanno tutte dei grossi problemi".

Poi tocca a Travaglio. Che si dice "mortificato" per tutta la situazione. Ma non rinuncia ad attaccare: "Oggi in tv entrano assassini, stupratori e canari ma nessuno mi ha spiegato cosa ho fatto di male, essendo tra l'altro incensurato. Almeno aspettino che io faccia qualcosa".

La tensione è alta. A conferma della tesi di chi vede nel tentativo di "normalizzazione" di alcuni programmi sgraditi al governo.

"Solo problemi tecnici legati al fatto che Santoro ha chiesto delle troupe particolari e degli operatori esterni", minimizza il direttore di rete, Massimo Liofredi.

Santoro esplode: "Sei un bugiardo. E querelami se vuoi, ma non ti conviene".

"Nessuna querela", replica Liofredi.

Controreplica del giornalista: "'Non lo fare perché tanto non ti conviene, la verità è che le troupe le abbiamo avute ieri".

Nell'attesa di sapere se le telecamere di Annozero si accenderanno, il titolo della trasmissione è già pronto. Si chiamerà "Farabutti" e parlerà della libertà di informazione.


Sgabelli in aereo per abbassare i prezzi

In aereo come in metro: la terza classe del futuro.

L'idea di una società inglese: sgabelli a bordo per aumentare i passeggeri e abbassare il prezzo.

Sgabelli al posto delle poltroncine. Seduti come nella metrò, uno di fronte all'altro: questa l'idea bizzarra di una società inglese specializzata nel design interno degli aerei. A dire il vero ha poco a che fare con il lusso: il concetto presentato dalla "Design Q" ricorda più i grossi apparecchi militari per il trasporto delle truppe.

I passeggeri siedono su degli sgabelli posti ai lati e nel corridoio. Come sull'autobus o in metropolitana gli sguardi dei viaggiatori s'incrociano. Si risparmierà, però, sul prezzo del biglietto.

Lo scopo del futuristico aereo ridotto all'osso negli interni è presto spiegato: tagliare i costi, aumentare il numero di viaggiatori e pazienza se il viaggio risulterà scomodo e sgradevole.

La soluzione si prospetta come ideale per più fanatici del low cost, per gli studenti squattrinati e per chi preferisce voli senza troppi fronzoli.

"Sedersi uno di fronte all'altro non è la situazione ideale", ammette uno dei fondatori della società. A beneficiarne sarebbero però sia il vettore (che aumenta il fatturato), e i passeggeri (fino al 30 per cento in meno sul prezzo del posto). "Consideriamo l'intero concetto da un punto di vista commerciale. A diminuire non sarebbe solo lo spazio, il lusso e le voluminose poltrone ma soprattutto il prezzo del biglietto".

Se l'obiettivo principale è riuscire a infilare un maggiore numero di persone sull'aereo (il 50 per cento in più) eliminando numerose file di posti a sedere a favore degli sgabelli, l'idea è quella d'impiegare il singolare arredamento soprattutto sulle tratte brevi, ovvero sui voli da 30-80 minuti.

A qualcosa del genere aveva pensato qualche tempo fa la compagnia aerea Ryanair: la società irlandese è difatti in trattative con l'americana Boeing per adattare gli aerei trasformando le consuete voluminose poltrone in "seggiole verticali". Questi viaggiatori non starebbero proprio in piedi, in senso letterale, ma appoggiati quasi verticalmente a dei trespoli forniti di imbracatura di sicurezza.

lunedì 21 settembre 2009

Inediti e ultimi spot di Mike Bongiorno

Vi propongo gli ultimi spot postumi di Mike Bongiorno per Infostrada, una sorta di risposta all'amico Fiorello che ha aperto il 7 settembre scorso, alla vigilia della scomparsa del presentatore, la nuova campagna senza di lui.

Mike Bongiorno è promotore della nuova offerta Infostrada. Una risposta all'ormai tristemente noto promo nel quale Fiorello compare da solo in scena domandandosi "Perché non c'è Mike Bongiorno?".

Il 55% degli italiani apprezza la scelta della messa in onda degli spot, trasmessi su richiesta della famiglia di Mike. La decisione di Infostrada di dare seguito alle richieste della famiglia Bongiorno e di mandare in onda gli ultimi spot è stata apprezzata dagli italiani: hanno motivato il loro sostegno alla campagna ritenendolo "un modo per rendere omaggio" a Mike e un riconoscimento al "suo ultimo lavoro".

Contrario il 45% dei lettori, che legge la manovra "una questione economica" o che più semplicemente trova il tutto "di cattivo gusto".

Questa volta è Mike il solista, raggiunto in chiusura da Fiorello che lo omaggia definendolo "un monumento nazionale della tv", anticipando poi quello che sarebbe stato ripetuto a gran voce alla notizia della sua improvvisa scomparsa, avvenuta l'8 settembre scorso.

Fatto sta che da questo momento non vedremo più Mike in filmati "inediti", ci resteranno solo i ricordi.



ALLEGRIA!

Flavio Briatore radiato dalla Formula1



Squalifica di due anni per la Renault. Radiato invece dalla "Formula 1" Flavio Briatore, che si era dimesso da team manager una settimana fa.

Quando si arriva a questo, lo sport è morto da un pezzo: restano solo soldi e potere. Ed è il binomio che descrive bene la "Formula 1" degli ultimi anni.

Non è certo contento Briatore che, dopo un provvedimento che riteneva "scontato", sperava di poter tornare al suo posto. Con la radiazione, invece, il presidente della FIA (Mosley) si vendica dell'odiato manager italiano e si garantisce che la punizione sia "per sempre".

Una sorta di "fine pena mai" che, dal suo punto di vista, fa giustizia dell'affronto che Briatore e Ron Dennis (il manager di McLaren cacciato a suo tempo per un motivo analogo a questo) gli fecero organizzando il festino a "luci rosse" in cui Mosley fu fotografato in versione "sado-maso".

Il falso incidente a Piquet Junior costa invece la sospensione per 2 anni, con la condizionale, alla scuderia Renault (in pratica non gli succede nulla se nei prossimi due anni non ripetono una cosa simile).

Fernando Alonso, che del falso incidente è stato il beneficiario, è stato prosciolto da qualsiasi accusa.

Piquet Junior, il pilota che ha materialmente provocato il falso incidente, non ha subito alcun provvedimento avando denunciato il fatto. Le decisioni sono state prese a Parigi dal consiglio mondiale della Fia. Max Mosley sostiene che la Fia esce bene da questa vicenda.

Molti pensano che la vicenda è una vendetta proprio di Mosley nei confronti di Briatore.