E' bello sapere che ciò che racconti, in un Blog o in una piccola rubrica di un giornale di una città del profondo sud, possa essere letto da migliaia di persone che vivono lontano dalla propria terra natale.
La visione della vita, di una persona che ha deciso di lasciare la propria terra per lavoro o bisogno, è certamente molto diversa da chi la situazione la vive "live".
Mi ha colpito un amico lettore, Giovanni, che mi ha scritto dalla "Padania":
"Caro Enzo, finalmente trovo il tempo per scriverti. 'Se desideri rimanere, te ne devi andare', questa espressione mi torna molto spesso in testa, adesso che da 21 anni manco dalla mia Marsala. Era il settembre del '67 quando mi arrivò la telefonata di una scuola che mi comunicava che c'era un incarico temporaneo per me, una supplenza medio-lunga. Feci le valige e nel giro di alcune ore mi trovai dentro un treno che mi portava in Lombardia. Era una classica giornata di sole splendente, l'estate ancora non voleva finire. Man mano che il treno mi trasportava fuori dalla mia amata isola, pensavo che quello sarebbe stato un viaggio breve, un allontanamento di qualche mese al massimo, un distacco temporaneo. Ma non fu esattamente così. Lasciavo alle spalle una città bellissima, anche se sempre ricca di problemi. Quando adesso (raramente) torno a Marsala, ho l'illusione di "ricominciare" da dove avevo lasciato. L'allucinazione di un esiliato. Le persone, le cose, le abitudini che abbiamo amato, sono profondamente cambiate. Malinconica la cognizione di non poter vivere il presente attorcigliandolo con il passato. Cosa è perdurato della mia sicilianità? La cadenza dialettale marsalese, una certa malinconia e un delicato scetticismo. Sono partito col primo treno, quasi come un passeggero non autorizzato. A salutarmi fu solamente il capostazione. Reggevo con me gli ultimi rimasugli di passione civile. Ora vivo in una casa lucente, con gli alberi che mi spiano dentro la stanza. Qui leggo della mia città Marsala; qui sento la nostalgia di un passato troppo lontano; qui mi rimprovero il fatto che dovevo rimanere a soffrire con la mia gente; qui mi viene la forzata rabbia di gridare che la mia terra è stata sbranata da lupi cattivi, da lestofanti travestiti da politici affaristi e malavitosi; qui mi cullo di sogni privi di sgomento. Caro Enzo, noi non ci conosciamo, ma io riesco a capire i tuoi scritti meglio di un tuo cittadino che vive nella tua stessa città. A Marsala si è consapevoli che si vive in uno spazio stretto e senza futuro. A Milano si è consapevoli che si vive in uno spazio grande e senza futuro, e il passato si ricorda con gioia, il mio passato".
Capisco bene cosa sente il nostro amico Giovanni. Sono sentimenti che prova chi va via dalla propria terra a malincuore. Lui riesce però ad immaginare anche quello che stiamo vivendo noi in questo periodo di crisi profonda.
Questa lettera la considero una bella poesia dedicata alla propria città d'origine. Lo smarrimento del distacco sta tutto nell'immagine di quel capostazione. Alcuni dicono che certi eventi dolorosi sono forse necessari, sarà. Marsala, comunque, è per Giovanni un dolce riparo dove può sempre tornare. Anche se ci sono posti difficili da lasciare, ma in cui è ancora più difficile tornare. La malinconia di chi sente di aver subìto e non fatto una scelta.
Difficilmente si ritrova però quello che si lascia: si lasciano amicizie, sapori, profumi, gli anni della speranza e delle illusioni. Tutto questo si stenta a ritrovare ad ogni ritorno. Il resto probabilmente non è neppure tanto cambiato, ma si vede tutto con altri occhi.
E questo lo dico perchè Giovanni non è la sola persona che mi racconta Marsala dal Nord Italia, e tutti i pensieri di questi emigrati hanno lo stesso filo conduttore.
Enzo Amato
La visione della vita, di una persona che ha deciso di lasciare la propria terra per lavoro o bisogno, è certamente molto diversa da chi la situazione la vive "live".
Mi ha colpito un amico lettore, Giovanni, che mi ha scritto dalla "Padania":
"Caro Enzo, finalmente trovo il tempo per scriverti. 'Se desideri rimanere, te ne devi andare', questa espressione mi torna molto spesso in testa, adesso che da 21 anni manco dalla mia Marsala. Era il settembre del '67 quando mi arrivò la telefonata di una scuola che mi comunicava che c'era un incarico temporaneo per me, una supplenza medio-lunga. Feci le valige e nel giro di alcune ore mi trovai dentro un treno che mi portava in Lombardia. Era una classica giornata di sole splendente, l'estate ancora non voleva finire. Man mano che il treno mi trasportava fuori dalla mia amata isola, pensavo che quello sarebbe stato un viaggio breve, un allontanamento di qualche mese al massimo, un distacco temporaneo. Ma non fu esattamente così. Lasciavo alle spalle una città bellissima, anche se sempre ricca di problemi. Quando adesso (raramente) torno a Marsala, ho l'illusione di "ricominciare" da dove avevo lasciato. L'allucinazione di un esiliato. Le persone, le cose, le abitudini che abbiamo amato, sono profondamente cambiate. Malinconica la cognizione di non poter vivere il presente attorcigliandolo con il passato. Cosa è perdurato della mia sicilianità? La cadenza dialettale marsalese, una certa malinconia e un delicato scetticismo. Sono partito col primo treno, quasi come un passeggero non autorizzato. A salutarmi fu solamente il capostazione. Reggevo con me gli ultimi rimasugli di passione civile. Ora vivo in una casa lucente, con gli alberi che mi spiano dentro la stanza. Qui leggo della mia città Marsala; qui sento la nostalgia di un passato troppo lontano; qui mi rimprovero il fatto che dovevo rimanere a soffrire con la mia gente; qui mi viene la forzata rabbia di gridare che la mia terra è stata sbranata da lupi cattivi, da lestofanti travestiti da politici affaristi e malavitosi; qui mi cullo di sogni privi di sgomento. Caro Enzo, noi non ci conosciamo, ma io riesco a capire i tuoi scritti meglio di un tuo cittadino che vive nella tua stessa città. A Marsala si è consapevoli che si vive in uno spazio stretto e senza futuro. A Milano si è consapevoli che si vive in uno spazio grande e senza futuro, e il passato si ricorda con gioia, il mio passato".
Capisco bene cosa sente il nostro amico Giovanni. Sono sentimenti che prova chi va via dalla propria terra a malincuore. Lui riesce però ad immaginare anche quello che stiamo vivendo noi in questo periodo di crisi profonda.
Questa lettera la considero una bella poesia dedicata alla propria città d'origine. Lo smarrimento del distacco sta tutto nell'immagine di quel capostazione. Alcuni dicono che certi eventi dolorosi sono forse necessari, sarà. Marsala, comunque, è per Giovanni un dolce riparo dove può sempre tornare. Anche se ci sono posti difficili da lasciare, ma in cui è ancora più difficile tornare. La malinconia di chi sente di aver subìto e non fatto una scelta.
Difficilmente si ritrova però quello che si lascia: si lasciano amicizie, sapori, profumi, gli anni della speranza e delle illusioni. Tutto questo si stenta a ritrovare ad ogni ritorno. Il resto probabilmente non è neppure tanto cambiato, ma si vede tutto con altri occhi.
E questo lo dico perchè Giovanni non è la sola persona che mi racconta Marsala dal Nord Italia, e tutti i pensieri di questi emigrati hanno lo stesso filo conduttore.
Enzo Amato
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