Ho sempre amato il concetto resistenza perché non ho mai amato quello di resa.
L'idea che il corso degli eventi vada accettato così com'è, secondo una sorta di determinismo storico condito da una certa dose di fatalismo, non mi convince affatto.
Potremmo discutere a lungo su modi e tempi necessari per cambiare un regime istituzionale, un abito mentale o una tradizione. Ma non è con l'immobilismo che una comunità risolve i suoi problemi.
E proprio nei momenti più difficili, uno slancio di dignità può riscattare un intero paese. E' ciò che avvenne alla fine della Seconda guerra mondiale con la Resistenza italiana.
O più recentemente in Sicilia, quando Libero Grassi insegnò a un'intera nazione che era possibile rifiutarsi di pagare il pizzo alla criminalità organizzata.
Ed è quello che succede oggi in tante aree del mondo, dove ci sono uomini e donne che ogni giorno scelgono di non arrendersi al corso degli eventi.
Persone che hanno preferito che il loro canto rimanesse ben distinto da quello di qualsiasi coro, anteponendo la propria dignità e la fiducia in un progetto o un ideale di vita, rispetto alla rassicurante melodia dell'esistente.
Per questa ragione, negli ultimi tempi, mi sono avvicinato con interesse al mondo dei rifugiati che arrivano sulle nostre coste, scappando da persecuzioni di ogni genere. Una realtà che resta spesso al di fuori dalle cronache dei nostri telegiornali e che viene rappresentata in maniera parziale e distorta, assecondando le linee politiche di certi partiti, come la Lega Nord, che proprio cavalcando la paura dell' "altro" hanno costruito le proprie fortune elettorali.
Così, ho voluto raccogliere le testimonianze di dieci richiedenti asilo del Centro di accoglienza di Perino all’interno di un libro che ho chiamato "Vite sospese – Dieci storie di resistenza contemporanea" (Navarra Editore). Un omaggio alla dignità con cui hanno attraversato prove terribili senza mai perdere la speranza.
L'ho scritto pensando al loro coraggio. E a quello che vorrei trovare ogni giorni negli occhi delle persone che incontro per strada.
L'idea che il corso degli eventi vada accettato così com'è, secondo una sorta di determinismo storico condito da una certa dose di fatalismo, non mi convince affatto.
Potremmo discutere a lungo su modi e tempi necessari per cambiare un regime istituzionale, un abito mentale o una tradizione. Ma non è con l'immobilismo che una comunità risolve i suoi problemi.
E proprio nei momenti più difficili, uno slancio di dignità può riscattare un intero paese. E' ciò che avvenne alla fine della Seconda guerra mondiale con la Resistenza italiana.
O più recentemente in Sicilia, quando Libero Grassi insegnò a un'intera nazione che era possibile rifiutarsi di pagare il pizzo alla criminalità organizzata.
Ed è quello che succede oggi in tante aree del mondo, dove ci sono uomini e donne che ogni giorno scelgono di non arrendersi al corso degli eventi.
Persone che hanno preferito che il loro canto rimanesse ben distinto da quello di qualsiasi coro, anteponendo la propria dignità e la fiducia in un progetto o un ideale di vita, rispetto alla rassicurante melodia dell'esistente.
Per questa ragione, negli ultimi tempi, mi sono avvicinato con interesse al mondo dei rifugiati che arrivano sulle nostre coste, scappando da persecuzioni di ogni genere. Una realtà che resta spesso al di fuori dalle cronache dei nostri telegiornali e che viene rappresentata in maniera parziale e distorta, assecondando le linee politiche di certi partiti, come la Lega Nord, che proprio cavalcando la paura dell' "altro" hanno costruito le proprie fortune elettorali.
Così, ho voluto raccogliere le testimonianze di dieci richiedenti asilo del Centro di accoglienza di Perino all’interno di un libro che ho chiamato "Vite sospese – Dieci storie di resistenza contemporanea" (Navarra Editore). Un omaggio alla dignità con cui hanno attraversato prove terribili senza mai perdere la speranza.
L'ho scritto pensando al loro coraggio. E a quello che vorrei trovare ogni giorni negli occhi delle persone che incontro per strada.
Vincenzo Figlioli
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