lunedì 18 ottobre 2010

Cancro, quando avremo la cura definitiva?

Le cure del tumore, speranza per il futuro

Grazie alla conoscenza del genoma umano si moltiplicano le terapie mirate, in grado d'intervenire sui geni coinvolti nel processo, senza danneggiare la cellula.

A conclusione di ogni grande congresso medico sul cancro, come quello della Società europea di oncologia medica che a Milano nei giorni scorsi ha visti riuniti oltre 15mila specialisti provenienti da 115 Paesi, ci si chiede a che punto è arrivata la cura del cancro e si pone una domanda che è piena di speranza e d'impazienza: "Ma insomma, quando è che si arriverà a trovare la cura definitiva?".

È la domanda che tutti gli oncologi si sentono rivolgere, e la prima cosa che tutti rispondiamo è che non esiste la cura contro il cancro, bensì esistono le cure. Molte di queste cure hanno funzionato e stanno funzionando. Quando entrai, giovane medico, all'Istituto nazionale dei Tumori di Milano, si respirava invece un clima di rassegnazione: i malati di tumore morivano, e i medici sembravano rassegnati. La scienza medica poteva solo ritardare questa fine.

Ma alla domanda piena di speranza e d'impazienza prima di tutto bisogna rispondere che per curare i tumori occorre capire che cos'è il cancro. La realtà, con la scoperta del Dna che ci ha portati all'origine della vita, è che i problemi del cancro e quelli della vita sono intimamente legati tra loro. Il cancro ispira le ricerche più approfondite della biologia moderna, e in cambio i progressi della biologia portano a un continuo progredire delle nostre conoscenze sul cancro.

Così oggi i ricercatori di oncogenetica (la genetica applicata all'oncologia) possiedono già una lista di geni le cui anomalie costituiscono la predisposizione a vari tipi di tumori, a volte molto rari, altre volte abbastanza frequenti come quello del seno e del colon.

Questa conoscenza offre la possibilità d'identificare i soggetti a rischio a partire dal loro "statuto" genetico. La genetica applicata ai tumori, quando si tratta di curare i malati, permette una diagnosi più raffinata. Per esempio, se sappiamo che a causa di una mutazione genetica un certo tipo di tumore risponde male a una terapia, possiamo fin dall’inizio affrontarlo con sistemi più adeguati e più efficaci. Fino ad arrivare - e io credo che questa svolta sia vicina - a una terapia "personalizzata", pensata su misura per il "profilo" genetico del tumore da curare.

Grazie alla conoscenza del genoma umano si moltiplicano le terapie mirate, in grado d'intervenire sui geni coinvolti nel processo tumorale, senza danneggiare la cellula. Di qui la nascita di farmaci meno tossici, più selettivi, che aiutano a portare avanti una strategia nuova: come per l'Aids, la nuova strada che la medicina sta tracciando è quella di rendere il cancro - quando non è possibile guarirlo - una malattia cronica per la qual ci si cura tutta la vita, come per il diabete o l'ipertensione.

Convertire la malattia mortale in una malattia cronica è una tappa culturalmente importante nel cammino verso il controllo della malattia. Se i nuovi farmaci creati dalle conoscenze della genetica ci aiuteranno a progredire su questa strada, sarà anche una svolta importante a livello psicologico e sociale, perché l’intero capitolo del cancro perderebbe la sua congenita angoscia. Se si diffonde l'idea che il cancro può essere sì sconfitto, ma che in alternativa può anche essere tollerato per anni, allora la sua diagnosi diventa meno sconvolgente, e i pazienti possono affrontare le cure con più fiducia.
Umberto Veronesi
direttore scientifico Ieo

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