sabato 26 settembre 2009

Abuso di potere: governo contro Annozero



Contro Annozero di Michele Santoro e Marco Travaglio, e soprattutto contro i 5 milioni e mezzo di telespettatori che hanno seguito l'ultima puntata dedicata allo scandalo del sex-gate che coinvolge il premier, ora scende in campo il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.

Se Scajola ha scavalcato perfino il suo vice-ministro delle Comunicazioni, vuol dire che lo scontro fra il governo e il sistema dell'informazione è arrivato ormai a un punto di non ritorno. Questa è nient'altro che una dichiarazione di guerra. Una sfida finale. Un attacco frontale a ciò che resta del servizio pubblico e della libertà di stampa nel nostro Paese.

La convocazione d'autorità dei vertici Rai, da parte del ministro al quale fa capo questo settore industriale, configura oggettivamente un abuso di potere ai danni della Commissione di Vigilanza a cui spetta per legge il controllo e anche dell'Authority sulle Comunicazioni. Un'interferenza indebita, dunque, nei confronti del Parlamento e dell'Autorità di garanzia.

Un'invasione di campo che può essere stata sollecitata e autorizzata solo dal delirio di onnipotenza di un presidente del Consiglio che non è più in grado evidentemente di distinguere le sue responsabilità istituzionali dai suoi interessi e dalle sue ossessioni personali.

Nell'inquietante e minacciosa escalation governativa contro l'informazione, lo stesso ministro fa un riferimento esplicito a una "campagna mediatica basata sui pruriti, sulla spazzatura, sulla vergogna, sull'infamia, sulle porcherie", con una raffica di imputazioni che respingiamo al mittente e al mandante senza alcuna esitazione.

I pruriti, la spazzatura, la vergogna, l'infamia e le porcherie, come le chiama Scajola, non sono nostre, non appartengono al nostro modo di fare informazione e opinione, bensì ai comportamenti del capo del governo, alle sue dubbie frequentazioni e relazioni. E non a caso, oltre che da noi, gli vengono contestati ormai da tutta la stampa internazionale.

In una trasmissione corretta e coraggiosa, durante la quale è stato ampiamente assicurato il contraddittorio, la vera colpa di Santoro è stata quella di mandare in onda per la prima volta su una rete televisiva italiana un brano di una delle tante interviste rilasciate negli ultimi mesi da Patrizia D'Addario, la escort barese che ha aperto uno squarcio sui festini di Palazzo Grazioli, alle televisioni di mezzo mondo.

Un documento registrato e già trasmesso all'estero, quindi, mostrato finalmente anche ai telespettatori italiani, per lo più ignari e inconsapevoli. Un racconto in prima persona, una testimonianza, priva per di più di accuse personali.

Sarà pur vero, come protesta adesso Scajola, che "la magistratura non ha rilevato alcun elemento per aprire inchieste sul presidente del Consiglio". Finora, aggiungiamo noi. Ma in ogni caso non c'è neppure bisogno di aspettare l'intervento di un Tribunale della Repubblica per giudicare sul piano politico e morale un capo di governo che, per sua stessa ammissione, riceve "persone poco serie" nelle proprie residenze, a suo dire "in modo inconsapevole".

Non sono dunque i giornali, non è la televisione, non è Annozero, ad alimentare una "stagione di veleni". Questi sono stati sparsi semmai a piene mani dal presidente del Consiglio, con i suoi raptus senili, con un malcostume indegno del suo ruolo e della sua funzione.

E prima di convocare i vertici della Rai, per contestare presunte aggressioni che sarebbero finalizzate a "sovvertire il risultato elettorale", un ministro della Repubblica farebbe meglio a preoccuparsi di garantire - per la sua parte di responsabilità - un'informazione più completa possibile, per mettere tutti i cittadini in condizione di sapere e di valutare.

Il paradosso, invece, è che all'estero il caso Berlusconi è più conosciuto, analizzato e discusso che in Italia. Sotto la narcosi dell'informazione di regime, alla maggioranza degli italiani teledipendenti il presidente del Consiglio appare tuttora come la vittima, inerme e innocente, di una macchinazione, di un complotto, di una congiura. Ma in realtà è lui stesso l'artefice di uno scandalo che ha messo in scena da regista e interpretato da protagonista principale.
Giovanni Valentini (La Repubblica)

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