giovedì 1 aprile 2010

Palermo. Facevano prostituire le mogli in casa

Facevano prostituire le mogli in casa. Ai figli da accudire pensavano i pa

Due disoccupati sono stati arrestati dai carabinieri nel palermitano dopo un anno di indagini. Con il ricavato delle prestazioni offerte dalle consorti pagavano anche la rata della motocicletta.

Accudivano i propri figli mentre, nelle stesse case, facevano prostituire le rispettive mogli. E' accaduto a Misilmeri, nel palermitano. I carabinieri hanno arrestato due uomini, G. S. di 35 anni di Misilmeri e A. B. di 28 anni di Bolognetta, comune sempre del palermitano. L'accusa, come riferiscono i carabinieri, è induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione

In una delle intercettazioni ascoltate dagli investigatori, il marito dice alla moglie: "Siamo rimasti con soli mille euro in casa e domani c'è da pagare la rata della macchina e della moto, vedi cosa puoi fare...". La prostituzione avveniva o nelle abitazioni dei due oppure in un albergo.

Le indagini, che si sono protratte per circa un anno, sono iniziate quando l'attenzione degli investigatori è stata richiamata da uno strano via vai di uomini soprattutto in tarda serata e a notte inoltrata dall'abitazione di Bolognetta di G. S. messa a disposizione per "l'attività". Questi strani movimenti hanno insospettito i militari dell'Arma che hanno messo in atto servizi di osservazione e pedinamento con personale in abiti civili.

Dalle prime indagini è emerso che i due arrestati, entrambi disoccupati, costringevano le mogli a ricercare clienti e fissare con questi incontri di natura sessuale per i quali percepivano dai cinquanta ai centocinquanta euro a prestazione.

In più di una occasione i due uomini, mentre le donne erano impegnate con i clienti, accudivano i figli minorenni. Dall'indagine è emerso inoltre che gli incontri erano pubblicizzati nelle pagine degli annunci del "Giornale di Sicilia".

Nel corso delle indagini i carabinieri hanno ascoltato alcuni clienti delle donne, questi hanno confermato di avere pagato le prestazioni sessuali ma di non essere a conoscenza che il tutto era organizzato dai rispettivi mariti.

"La vicenda odierna si inquadra nell'ambito della cosiddetta 'prostituzione sommersà ovvero quella posta in essere tra le mura domestiche non da parte di estranei, ma di mariti e altri familiari - commenta il colonnello Teo Luzi, comandante provinciale di Palermo - Si tratta di un fenomeno difficile da far emergere ma che quando viene alla luce consente di porre fine a situazioni di sfruttamento spesso molto gravi che talvolta coinvolgono anche i minori".

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